Tony Iommi: identikit del Padrino dell' heavy metal
Tony Iommi, Padrino del metal: dal suono cupo e rivoluzionario ai riff monolitici, fino agli assoli sinistri e articolati. L'identikit di una leggenda rock
La grandezza di Tony Iommi trascende la sua popolarità come guitar hero, l'enorme successo dei Black Sabbath e persino l'iconicità del binomio con Ozzy Osbourne, uno dei più celebri esempi di grande chitarrista come alter ego di un frontman carismatico. Iommi è una leggenda perché ha contribuito a creare lo stampo sonoro e stilistico su cui si è forgiato l’heavy metal. Non a caso, spesso è stato definito il “Padrino dell’heavy metal”, il chitarrista più influente e stimato del genere, a cui viene riconosciuto il merito di aver tracciato le coordinate di un intero movimento musicale.
Nato a Birmingham il 19 febbraio 1948, Tony Iommi è diventato, grazie ai Black Sabbath – band che ha fondato nel 1968 insieme a Ozzy Osbourne, Geezer Butler e Bill Ward – uno dei musicisti più rilevanti nella storia del rock. Con i Sabbath ha pubblicato capolavori come PARANOID (1970), SABBATH BLOODY SABBATH (1971) e MASTER OF REALITY (1973) pietre miliari imprescindibili per il metal. Tra le fasi più grandiose della band spiccano anche le parentesi con Ronnie James Dio alla voce, che hanno dato vita ad album storici come HEAVEN AND HELL (1980) e MOB RULES (1981). Oltre ai Black Sabbath, Iommi ha collaborato con artisti del calibro di Brian May, Glenn Hughes e Ian Gillan. Di rilievo anche il suo disco solista IOMMI, pubblicato nel 2000.

Il suono del metallo
Del metal, Tony Iommi è stato l’artefice di un suono che, con i Black Sabbath, ha portato nel rock una cupezza e una distorsione mai sentite prima. Un suono che nasce da una combinazione stupefacente, quasi fiabesca, di intuizione artistica e pura casualità, dettata da una contingenza sciagurata. A 17 anni, infatti, pur essendo già un musicista avviato al professionismo (aveva persino suonato nei Jethro Tull), Iommi lavorava ancora in fabbrica. Fu lì che, in un drammatico incidente, perse due dita della mano destra. Dove molti avrebbero gettato la spugna, Iommi ha dimostrato il suo spirito combattivo: mancino, non ha cambiato impostazione sulla chitarra, ma ha costruito artigianalmente delle protesi per le sue falangi mozzate. Tuttavia, per riuscire a suonare senza sofferenza, abbassò l'accordatura delle corde, riducendone la tensione. Quella scelta, nata per necessità, si rivelò decisiva: complice la distorsione dell'amplificatore, il suono della sua chitarra divenne più grave e cupo, dando vita a una caratteristica sonora che sarebbe poi diventata il marchio di fabbrica dell’estetica metal.
Il maestro dei riff
Le caratteristiche del suono poderoso plasmato da Tony Iommi influenzano profondamente anche il suo approccio chitarristico. A differenza dei grandi maestri della chitarra rock degli anni '60 – come Eric Clapton, Jimi Hendrix e Jeff Beck – che incantavano con assoli fluidi e scale blues suonate con l'agilità di un violinista, Iommi predilige un approccio più ritmico. Si avvicina, piuttosto, alla visione di chitarristi come Jimmy Page o Pete Townshend, consapevoli che a rendere grande il suono di una band non sono gli assoli, ma il muro sonoro, l'atmosfera e la coesione delle chitarre ritmiche. Grazie al suono distorto e torvo che ha saputo inventare, Iommi è inarrivabile sulle ritmiche: i suoi riff sono capolavori di scrittura e intenzione. Si sviluppano su power chord – accordi essenziali, formati da sole due note – che Iommi diteggia sulle corde più basse, creando coltri sonore impenetrabili, prive di spazio per divagazioni improvvisative e solistiche. Il suo stile ha un incedere torvo e meccanico, con basso e chitarra spesso fusi in unisoni inestricabili. Questa è un'altra nota di stile di Iommi che diventerà un paradigma nel metal: la coesione assoluta tra chitarre distorte e basso per creare riff monolitici, ottusi e impenetrabili. Un marchio di fabbrica che ha fatto scuola nei piani più alti del metal, dove troviamo discepoli ossequiosi del maestro: da Mark Tremonti degli Alter Bridge a James Hetfield dei Metallica, che ha sempre lodato Iommi per la sua capacità di creare atmosfere cupe e potenti; da Dimebag Darrell dei Pantera, influenzato dal suono granitico di Iommi, a Scott Ian degli Anthrax, che ha riconosciuto nei riff del chitarrista dei Black Sabbath un ruolo decisivo nella formazione del sound metal.
Un grande solista
Se è vero che Tony Iommi è uno dei più grandi riff maker del rock, capace di rendere questo elemento stilistico il cardine del metal, è altrettanto vero che non si sottrae al mito del metal come palcoscenico degli assoli più impetuosi, appassionati e articolati. Iommi è infatti un solista micidiale, capace di un fraseggio nervoso, articolato e veloce, impressionante se si considera l'handicap dei suoi polpastrelli. Le sue radici affondano nel blues: utilizza le stesse scale dei maestri come Clapton o Hendrix, ma le orchestra in modo diverso, più minaccioso, ingarbugliato e sinistro. Spesso ricorre a sovraincisioni, contrappunti e armonizzazioni, come in “War Pigs” (PARANOID, 1970), dove l’assolo è doppiato e le svisate si intrecciano creando un vero e proprio schiamazzo isterico. O ancora, nell’assolo meraviglioso di “Symptom of the Universe” (SABOTAGE, 1975), Iommi costruisce gorghi di note, spirali distorte e psichedeliche che non rinunciano mai alla melodia.