L'8 maggio del 1979, The Cure pubblicavano il loro album di debutto, "Three Imaginary Boys".
Un disco, quella della band di Robert Smith, che lasciava intravedere i germi di quel sound che avrebbe reso i Cure una delle formazioni di riferimento per quanto riguarda la musica goth, pur se alla lontana.
Sicuramente non il capolavoro della band, Three Imaginary Boys è un disco di debutto che apriva la strada a mille possibilità, dando l'opportunità ai Cure di seguire un percorso che si sarebbe rivelato più che valido.
Three Imaginary Boys, un debutto senza controllo
Nonostante le recensioni in gran parte positive, però, Robert Smith non fu mai davvero contento dell'album per un motivo ben preciso, oltre al poco peso delle canzoni: la totale assenza di controllo.
Non fu la band a decidere i brani inseriti sull'album - dal quale manca anche l'unico singolo già pubblicato, 'Killing An Arab' - né il bizzarro artwork.
Da allora, Smith si assicurò di avere il controllo creativo su qualsiasi aspetto dei dischi pubblicati dai Cure.
A fare la voce grossa in Three Imaginary Boys fu Chris Parry, produttore e fondatore della Fiction Records, etichetta che pubblicherà storicamente i dischi dei Cure.
Fu lui a decidere quali canzoni inserire in tracklist, compresa la cover di Foxy Lady di Hendrix proveniente da un soundcheck e cantata dall'allora bassista Michael Dempsey, unico brano nella discografia dei Cure senza la voce di Robert Smith. Un errore che spinse ad escluderlo da "Boys Don't Cry", versione dell'album modificata per il mercato americano.
Sempre dell'etichetta fu la scelta di realizzare il bizzarro artwork con una lampada, un frigorifero ed un'aspirapolvere su sfondo rosa, con ogni oggetto a rappresentare virtualmente uno dei membri della band, vista la volontà di Smith di non apparire sulla copertina.