12 marzo 2025

The Velvet Underground & Nico, il marcio raccontato da Lou Reed

Nel marzo del 1967 i versi di Lou Reed e le distorsioni di John Cale raccontavano il marcio dell'uomo nel seminale debut The Velvet Underground & Nico

Nel marzo del 1967 usciva The Velvet Underground & Nico, primo album della rock band newyorkese guidata da Lou Reed e  John Cale e realizzato in collaborazione con la modella, attrice e cantante tedesca Nico, su assist di Andy Warhol.

Un disco che, al di là delle scarse vendite, risulterà uno dei lavori più influenti in tutta la storia del rock, in grado di gettare le fondamenta del punk, del post punk e dell'alternative in generale.

Anticipato da una copertina in grado di trovare posto sia nei libri di musica che di arte, l'iconica banana realizzata da Andy Warhol, The Velvet Underground & Nico è forse il disco per il quale il termine 'alternative' applicato ad un genere musicale trova davvero senso.

Perché una band come i VU non si era mai sentita prima ed era un'entità aliena paragonata a quanto conosciuto fino ad allora.



Le origini dei Velvet Underground

Lou Reed e John Cale arrivavano da un background totalmente diverso e, entrambi, volevano dirigersi in direzione ostinata e contraria. Il primo era un poeta che lavorava per una label che pubblicava hit radiofoniche, il secondo un musicista con formazione classica e la passione per l'avanguardia e la sperimentazione.

Ciò che li unì, tra le strade di New York, fu la volontà di spingere oltre il concetto di rock e realizzare qualcosa che fosse davvero punk prima del punk, raccontare aspetti della vita mai affrontati prima nella musica pop e accompagnarli con suoni tanto ammalianti quanto scostanti.

Proprio come i temi trattati da The Velvet Underground, un libro di fine anni'50 su pratiche sessuali taboo per l'epoca, come il BDSM, e che sembrò il nome perfetto da affibbiarsi per ciò che avevano in mente per la loro band.

A metà degli anni '60, con l'arrivo di Moe Tucker e Sterling Morrison, i Velvet Underground cominciarono a girare ogni posto che avesse volontà di ospitarli, finendo per incrociare i passi con Andy Warhol.


Il contributo di Andy Warhol

Il guru della pop art li coinvolse nei suoi spettacoli sperimentali e multimediali portati in giro nel tour "Exploding Plastic Inevitabile" e vide nell'approccio ribelle dei Velvet Underground qualcosa di interessante.

Decise quindi di proporsi come manager, pur non avendo minimamente esperienza nel campo, e li supportò come poteva: finanziariamente, inserendoli al centro della sua Factory e costruendogli intorno un'immagine che, pensava, potesse essere perfetta per rompere gli schemi.

E' a Warhol che si deve la decisione, inizialmente incontrata non molto favorevolmente da Reed e Cale, di coinvolgere Christa Päffgen, meglio nota come Nico, attrice, modella e cantante tedesca che era già apparsa in pellicole come La Dolce Vita di Fellini.

Sempre a Warhol, ovviamente, è da attribuire la realizzazione di quella che diventerà la copertina dell'album di debutto The Velvet Underground & Nico, un artwork talmente potente da schiacciare quasi il disco che per i meno attenti diventerà solo il 'banana album'.

Con una mossa innovativa e perfettamente in linea con la sua visione artistica, Warhol realizzò una banna 'interattiva' che seguendo l'indicazione riportata sulla copertina, 'peel slowly and see', invitava a sbucciarla dello sticker per rivelare un frutto rosa. Una chiara allusione sessuale che risulterà carissima da produrre, spingendo a realizzare una versione statica.

The Velvet Underground & Nico, il marcio raccontato da Lou Reed

Le registrazioni di The Velvet Undeground & Nico

Il disco venne registrato in pochi giorni agli Scepter Studios di New York, utilizzando un set up molto lo fi, quello utilizzato anche in tour che vedeva più strumenti uscire dallo stesso amplificatore, consegnando un caratteristico sound distorto che spiazzò i più.

Con la produzione di Tom Wilson, già collaboratore di Bob Dylan, Lou Reed e John Cale cercarono di mettere in musica quelle storie 'sporche' e grezze utilizzando dissonanze, distorsioni e soluzioni scarne e crude lontane anni luce dal sound in voga in quegli anni.

I Velvet Underground volevano mettere a disagio l'ascoltatore e farlo entrare in un viaggio tra gli anfratti più oscuri della mente umana e gli abissi interiori delle anime perse.

Non c'era spazio per il sogno nella poetica e nell'estetica di Lou Reed che, ad ogni costo, voleva riportare nella sua arte un realismo estremo, che non nascondesse la violenza della vita quotidiana e, anzi, la celebrasse.

La scelta etica ed estetica dei Velvet Underground li rese, per forza di cose, degli alieni.

Avulsi dalla scena contemporanea, riuscirono nel loro intento di spiazzare tutti, finendo per diventare talmente difficili da comprendere da vendere pochissime copie del disco.



L'importanza di The Velvet Underground & Nico

Per parlare di The Velvet Underground & Nico e di come il 'flop commerciale' più importante e significativo nella storia del rock abbia meritato il suo posto dei libri di storia è bene fare riferimento alla ben nota citazione di Briano Eno.

Il musicista britannico - che prima della deriva sperimentale faceva parte dei Roxy Music, debitori come tutto il glam proprio nei confronti di Lou Reed - una volta disse: "Quando il primo album dei The Velvet Underground uscì, vendette solo 10.000 copie, ma tutti quelli che ne acquistarono una poi formarono una band".

Ma perché "The Velvet Underground & Nico" è così importante? Al di là dell'iconica cover con la banana realizzata da Andy Warhol.

Il primo album della formazione guidata da Lou Reed e John Cale arrivò come una bordata marcia e deflagrante in un contesto di 'peace, love and harmony', mettendo in tavola un punk ante litteram.

Direttamente dai buchi neri delle strade newyorkesi, i VU sperimentarono non solo con i suoni imbevuti di droga e le performance psichedeliche ma, soprattutto, con uno storytelling assolutamente inedito.

Fino ad allora le canzoni parlavano principalmente di amore, di divertimento, nella migliore delle ipotesi di spiritualità, natura o viaggi psichedelici.

Tò, aggiungiamo al bagaglio un po' di temi politici e inni di protesta ma il massimo della devianza raccontata forse era da ricercarsi negli 'outlaw', nei fuorilegge del blues e del country e poco altro.

Si viaggiava sul sicuro, raccontando ciò che era alla luce del sole o che poteva rientrare in qualche modo in una sorta di epopea.

Per la prima volta, invece, nei versi di una canzone cominciarono ad apparire droghe pesanti, prostitute, trans, spacciatori, reietti, figure che la cultura dominante voleva nascondere sotto il tappeto e che, invece Lou Reed decise di portare sotto la luce di lampioni scassati. 

I Velvet Underground resero il disturbante l'accettabile - o anche no, non che gli importasse - e lo fecero rompendo ogni schema, evitando di cadere in qualsiasi cliché e dimostrando che era possibile raccontare gli ultimi e le storie di tutti gli outsider del mondo, in modo rivoluzionario.