The Clash, un esordio impegnato e potente
Usciva nell'aprile del 1977 l'omonimo album di debutto dei Clash, un disco impegnato e aggressivo che diventò il più forte commento sociale del punk
L'8 aprile del 1977 i Clash debuttavano con il primo, omonimo album pubblicato nel Regno Unito da CBS.
In un periodo carico di tensioni per il popolo britannico, i Clash arrivarono con un disco dalle sonorità punk che raggiungeva territori fino allora inesplorati per una band del genere.
Un mix sonoro che aveva tutta l'intenzione di fare rumore in modi ben più profondi che le sporche registrazioni fatte per una manciata di sterline potessero esprimere.
Nella Gran Bretagna grigia e decadente della metà degli anni '70, dove la disoccupazione era alle stelle, le tensioni razziali aumentavano e i giovani si sentivano abbandonati, una nuova musica cominciava a emergere—rumorosa, veloce, arrabbiata e grezza.
Era il punk. E al centro di questo terremoto, arrivarono i Clash, come una bomba incendiaria.
Il commento sociale dei Clash
Dopo aver tentato la strada del rock'n'roll Joe Strummer portò la sua poesia da strada e la sua rabbia politica proprio al servizio di questo nuovo mondo, folgorato dalla furia dei Sex Pistols.
Se la band di Johnny Rotten stava sovvertendo il sistema, il messaggio dei Clash era ancora più politico, era una chiamata a raccolta per i giovani, un invito alla protesta chiaro e preciso, come emergeva dai testi.
Strummer prendeva ispirazione direttamente dalla realtà: giornali, graffiti, frasi sentite per strada. Era influenzato dalle lotte sociali della classe operaia, dall’ascesa del razzismo e dell’estrema destra in Gran Bretagna, dalla brutalità della polizia e da una generale sensazione di abbandono da parte delle istituzioni.
L'urgenza di commentare quella situazione era evidente in quelle canzoni che cominciarono a prendere forma nella seconda metà del 1976 in un appartamento al 18esimo piano delle case popolari di Harrow Road, a Londra.
A dare forma al caos e agli inni di protesta di Strummer c'erano Mick Jones e Paul Simonon, fautori di un sound aggressivo ma dal gusto melodico impeccabile, sempre pronto a fondersi con sonorità apparentemente lontane, come quelle provenienti dal reggae e rappresentazione sonora di quel melting pot che abitava il tessuto sociale di Londra e che i Clash cercarono di raccontare a modo loro.

In condizione di violenza controllata
Per descrivere la condizione in cui i Clash registrarono il loro album di debutto nei CBS studios, un'espressione molto esplicativa la fornì il batterista Terry Chimes che parlò di 'violenza controllata'.
Nel gennaio del 1977, i Clash firmarono un contratto con la CBS Records. Una mossa che fece storcere il naso a molti nel mondo punk, che vedevano ogni legame con una major come “vendersi al sistema”.
I Clash, però, firmarono con un’idea chiara in testa: volevano portare il loro messaggio il più lontano possibile, usando il sistema contro se stesso.
Una sorta di 'cavallo di Troia' che portò non poche tensioni durante le sessioni di registrazioni tra la band e l'etichetta che voleva cavalcare l'onda del punk e realizzare un disco in grado di vendere.
Il paese reale, anche in studio
Strummer e soci, invece, volevano far arrivare ovunque il loro messaggio e infarcirlo di chitarre taglienti e suoni sporchi, cercando di catturare in studio la loro potenza dal vivo, errori compresi.
Ed è proprio così che i Clash si approcciarono alla registrazione del disco: pochi fronzoli, nessuna sovra incisione, una presa diretta che in meno di tre settimane diede vita a quindici brani, spesso catturati alla prima take.
Così come facevano con le loro parole, anche con la loro musica i Clash volevano essere più veri possibili ed essere cronisti della realtà, sul palco come nello studio, tanto che imposero in cabina di regia il loro fonico live Mickey Foote, al debutto in un contesto da studio.
Nel primo lavoro la band riuscì a condensare esattamente ciò che aveva in mente, senza preoccuparsi di errori o imprecisioni. Del resto Strummer non era certo Sinatra, tutto carisma e potenza e Simonon stava ancora imparando come suonare il basso sul serio, tanto da venire supportato dallo stesso Jones in quel linee delle quali, però, sapeva esattamente cogliere il groove.
In un modo o nell'altro, però, la band trovò il modo di procedere con un ritmo quasi militare perché c'era una missione da compiere e un messaggio di rivolta da far arrivare alle masse nel modo più efficace possibile.
La risposta di pubblico e critica e il "problema" Stati Uniti
La stampa musicale britannica lo accolse perlopiù in modo entusiasta, anche se con qualche riserva. Di sicuro i Clash sorpresero tutti per il loro punk che si discostava decisamente dagli eccessi dei Pistols o dal disimpegno dei Buzzcocks per fornire qualcosa di impegnato e attento alla società.
Nonostante il suono grezzo e privo di compromessi, The Clash fu un successo commerciale enorme per gli standard punk: raggiunse la posizione n.12 della classifica degli album nel Regno Unito.
Anche i singoli “White Riot” e “Remote Control” ottennero un discreto successo. Ma soprattutto, il disco si diffuse per passaparola: i ragazzi se lo passavano in vinile, lo copiavano su cassette, e imparavano i testi a memoria come fossero inni di strada.
Il problema arrivò con gli Stati Uniti dove l'etichetta CBS si rifiutò di pubblicare il disco negli Stati Uniti nel 1977, giudicandolo “troppo grezzo,” “non commerciabile,” e “prodotto male”. Pensavano che il pubblico americano, abituato al rock da stadio e alla disco, non l’avrebbe mai capito.
Così, mentre in UK era già un caso, negli USA The Clash diventò una leggenda underground, disponibile solo come importazione. Le copie arrivavano a fatica nei negozi alternativi e costavano quasi il doppio, ma i fan americani le cercavano con ossessione.
Nel 1979, quando il punk cominciava a trovare spazio anche in America, la CBS cedette e pubblicò finalmente l’album. Ma lo fece in una versione modificata: aggiunse singoli successivi (“Complete Control”, “Clash City Rockers”) e rimosse alcuni brani originali (come “Cheat” e “Protex Blue”).
Ancora oggi i fan discutono su quale sia la “vera” versione del disco.