Il 22 marzo del 1993 i Depeche Mode pubblicavano "Songs Of Faith And Devotion", uno dei dischi più oscuri della band nato in un periodo di forti tensioni.
Pur essendo diventato il primo album della formazione inglese a debuttare al primo posto sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti, oltre che in altri paesi, "Songs Of Faith And Devotion" fu un disco figlio dell'oscurità che aveva cominciato ad avvolgere la band, Dave Gahan in testa, la cui realizzazione mise a durissima prova i rapporti tra i vari membri.
Se da una parte l'enorme successo di "Violator" aveva fatto dei Depeche Mode una delle band alternative più importanti del pianeta, dall'altro lato aveva generato una pressione quasi schiacciante che fu il terreno avvelenato su cui vennero gettati i semi di "Songs Of Faith And Devotion".
Una band stremata
Dopo il tour di "Violator", come spesso è accaduto nella carriera dei Depeche Mode, i membri della band si erano allontanati per decomprimere prima di incontrarsi di nuovo per registrare un altro disco.
Il produttore dell'album era Flood che, tentando di replicare l'esperienza messa in atto con gli U2 per "Achtung Baby", pensò di non utilizzare un semplice studio di registrazione ma di creare un ambiente ad hoc dove i Depeche Mode potessero vivere, scrivere e registrare il nuovo album.
Le registrazioni cominciarono nel 1992 a Madrid, dove la band affittò una villa per creare uno studio di registrazione casalingo che consentivsse più soluzioni possibili da un punto di vista di suono.
Al ritorno in studio, Martin Gore si trovò con la difficoltà di dover superare la qualità di scrittura di "Violator", mentre Gahan si presentò ai suoi compagni in una condizione preoccupante, quasi irriconoscibile, per la particolare passione per l'eroina che aveva sviluppato sempre di più nell'ultimo periodo mentre si trovava a Los Angeles.