31 ottobre 2024

Songs Of A Lost World, la solitudine dell'uomo nel nuovo album dei Cure

Dopo 16 anni i Cure sono tornati con il nuovo album Songs Of A Lost World, un disco oscuro e malinconico in cui Robert Smith affronta la solitudine dell'essere umano

In molti si chiedono come sarà Songs Of A Lost World, il nuovo album dei Cure in uscita il 1° di novembre e l'attesa è ormai terminata.

Nonostante praticamente tutto il disco sia stato già suonato dal vivo dalla band inglese nel corso del tour "Shows Of A Lost World", per i fan poter mettere le mani su un primo lavoro in studio dopo circa 16 anni dall'ultima volta è un'esperienza sempre speciale.

Si tratta del 14° album in studio del gruppo e il primo da 16 anni a questa parte. Alcuni brani tratti dal disco sono stati cantati live per la prima volta durante il loro tour, “Shows of a Lost World”, comprensivo di 90 date in 33 Paesi e che ha totalizzato oltre 1 milione e 300 mila spettatori.

“SONGS OF A LOST WORLD” è stato scritto e arrangiato da Robert Smith, prodotto e mixato da Robert Smith & Paul Corkett e cantato dai The Cure - Robert Smith: Voce / chitarra/ basso / tastiere, Simon Gallup: basso, Jason Cooper: batteria / percussioni, Roger O'Donnell: tastiera, Reeves Gabrels: chitarra. L’album è stato registrato ai Rockfield Studios a Wales.

Robert Smith ha creato il concept e Andy Vella, fedele collaboratore dei Cure, si è occupato del design e della parte visiva.

La cover ritrae una scultura del 1975 di Janes Pirnat, “Bagatelle”.



Tracklist di Songs OF A Lost World

  1. ALONE
  2. AND NOTHING IS FOREVER
  3. A FRAGILE THING
  4. WARSONG
  5. DRONE:NODRONE
  6. I CAN NEVER SAY GOODBYE
  7. ALL I EVER AM
  8. ENDSONG

Un lavoro coeso

Del nuovo album dei Cure si è parlato per molto tempo un disco che, come spiegato nella lunga intervista condivisa da Robert Smith con pubblico e media, è sembrato più volte sul punto di venire sviluppato ma, a più riprese, ha visto ogni volta qualcosa di nuovo interrompere il processo.

A differenza di come avvenuto in alcune fasi della carriera, spiega Smith, il disco nasce dopo aver lavorato su delle demo scritte e realizzate esclusivamente da lui, dando vita ad un lavoro più coeso come quello dei dischi ai quali Songs Of A Lost World guarda maggiormente, ovvero Disintegration, Pornography e Bloodflowers.

A dettare la strada è stata Alone, traccia di apertura del singolo e anche la prima pubblicata dai Cure perché, come dice Smith, tutto ciò di cui ha bisogno è un'apertura e una chiusura del disco. Quello che accade nel mezzo si scrive poi da sé.

La genesi di questa traccia è radicata in un poema di Ernest Dowson, Dregs, che Smith ha riscoperto e adattato come fonte d’ispirazione per i testi.

Altri brani come Endsong esplorano il concetto del passare del tempo e il confronto con la propria mortalità, elementi che richiamano i fan al suono più classico dei The Cure. 



Songs Of A Lost World, la solitudine dell'uomo nel nuovo album dei Cure
PHOTO CREDIT: Sam Rockman

Ma come è il nuovo album dei Cure ?

Noi lo abbiamo ascoltato con quasi un mese di anticipo e ci siamo dati il tempo di metabolizzare il viaggio intrapreso da Robert Smith in quello che aveva descritto come uno dei lavori più oscuri della band e di oscurità in "Songs Of A Lost World" ce n'è molta.

Ci sono i temi della solitudine, dell'abbandono, della morte - da quando i Cure hanno pubblicato il precedente "4:13 Dream" il cantante ha perso nel giro di pochi anni entrambi i genitori e il fratello maggiore - e una roughness che rassicura e spiazza allo stesso tempo.

E' un disco a tinte fosche, un disco spettrale come quello dei migliori Cure, sicuramente la cosa migliore mai prodotta dalla band dai tempi di "Bloodflowers" del 2000, con il quale "Songs Of A Lost World" condivide quella malinconia devastante che sorregge la notte di Robert Smith.

Chitarre roboanti sembrano volteggiare su synth senza speranza e ritmi claustrofobici ma è la voce di Robert Smith a squarciare il velo, ad offrire il cuore in un contesto a volte robotico.

La scelta di produzione fatta dai Cure per l'album è infatti asciutta, secca, una caratteristica che sembra sempre più frequente - forse per 'appiattire' l'ascolto e ottimizzarlo alle varie piattaforme - e che sembra aumentare il sentimento di oppressione.




Alone è spettrale, è Robert Smith che guarda il buco nero sopra le nostre teste e riflette sulla solitudine, sulla piccolezza della vita e dell'essere umano di fronte alla maestosità del mondo che ci circonda.

Una condizione quasi necessaria per l'artista inglese che non può far altro che perdersi e accettarla, mantenendo lo stesso approccio anche nei confronti della mortalità e del rimpianto nella successiva And Nothing Is Forever

Primo singolo radio ufficiale, A Fragile Thing è forse il manifesto più potente del disco, almeno in termini di suono con quel basso che tanto ricorda i vecchi tempi di Fascination Street ma che ondeggia su un ritmo quasi funky che lasciano con la suggestione che, forse forse, Robert Smith sarebbe anche un rapper tra i più interessanti in circolazione.

Il viaggio di Songs Of A lost World continua con la riflessione di Smith sull'essere umano come animale destinato a combattere per sua stessa natura di Warsong, un desolato feedback che aumenta il volume e si getta in Drone: NoDrone, tra i pezzi più rumorosi del lotto, un rock blues droning sulla consapevolezza di essere costantemente sotto sorveglianza.

La morte e il buio totale dominano anche I Can Never Say Goodbye, scritta da Smith il giorno dopo aver perso suo fratello maggiore Richard, un lutto elaborato anche attraverso la musica ma che, spiega il cantante dei Cure, lo ha lasciato senza parole per molto tempo prima di decidere di raccontare semplicemente l'accaduto.

All I Ever Am è forse una delle tracce con maggior potenziale da singolo e serve da raccordo per il gran finale, i quasi 10 minuti di Endsong che chiudono il cerchio e si riagganciano all'opener Alone , con la quale il brano si intreccia e con la quale condivide gli stessi sentimenti di solitudine schiacciante.

Songs Of A Lost World è come un grande lago nero, con un fondale impossibile da scrutare e una serenità che non lascia promettere niente di buono ma che non si può cambiare, esattamente come Robert Smith e i suoi Cure che, dopo quasi 50 anni di carriera, riescono ancora ad essere sempre, irrimediabilmente loro stessi.