Pillole di Stile: Rick Rubin, Slayer & Run-DMC

Negli anni 80 Rick Rubin fa un miracolo: prende Hip Hop e Trash Metal - generi di nicchia e agli antipodi - e li porta a pubblico e successo enormi.

Ecco la storia di RAISING HELL dei Run -DMC e REIGN IN BLOOD degli Slayer, i due album che hanno consacrato il genio di Rick Rubin e promosso Hip Hop e Thrash Metal come generi musicali di fama, importanza e rilievo assoluto.

Rick Rubin non ha uno bisogno di grandi presentazioni. È uno dei produttori artistici più influenti della storia del Rock che ha lavorato - tra i tanti - con Metallica, System Of A Down, Linkin Park, Johnny Cash, Audioslave e che tutti conoscono per aver contribuito in maniera decisiva ad un disco gigantesco, BLOOD SUGAR SEX MAGIC (1991), album fondamentale dei Red Hot Chili Peppers

Noi vogliamo ripercorrere la fase artisticamente più eccitante della sua carriera, quella degli inizi: nella prima metà degli anni ’80, Rubin agguanta due generi Hip Hop e Thrash Metal allora di nicchia e - soprattutto - lontanissimi tra loro e li porta al grande pubblico sulla scia di un successo commerciale e di critica titanico.

Gli album grazie ai quali Rubin compie questa impresa miracolosa sono RAISING HELL dei Run-DMC e REIGN IN BLOOD degli Slayer, entrambi del 1986. Due dischi che, inoltre, nobiliteranno Thrash Metal e Hi Hop come filoni stilistici autorevoli, tra i più seguiti nei decenni a seguire.

PHOTO CREDIT: Fotogramma Dara Kushner/Famous

La passione per la musica di Dj Double R

Nel 1981 Rick Rubin è uno studente della New York University che bazzica i locali della scena Punk, genere musicale nel quale si diletta, chitarra al collo, con la sua band. Quello che però musicalmente lo appassiona totalmente è quanto, in quegli anni, sta succedendo nella emergente scena Hip-Hop.

L’Hip Hop è un fenomeno ancora minuscolo, avulso dal mainstream musicale e che interessa esclusivamente la comunità di colore. Rubin, infatti, ricorderà di essere stato l’unico bianco a gravitare in quella scena. E questo non perché si fosse guadagnato la fiducia di una comunità di appassionati e musicisti che lo accoglievano riconoscendogli chissà quale privilegio o dote: no, era semplicemente l’unico bianco interessato a quel tipo di musica.

Schitarrate Punk a parte, la passione più profonda per la musica Rick Rubin la esercita facendo serate nelle quali si cimenta come DJ. Ha anche un nome d’arte: DJ Double R.

È proprio questa attività che permetterà a Rubin di affinare una capacità di giudizio eccezionale su dischi e artisti. Non li valuta - come spesso fanno musicisti e addetti ai lavori - sulla base della perizia del suonato, dell’efficacia del sound o della qualità dei testi…i dischi buoni per Rick Rubin sono quelli che fanno ballare la gente. Quelli che riempiono la pista e che fanno sì che il pubblico poghi o non riesca a stare fermo.


La nascita della Def Jam

Ecco perché i dischi di Hip Hop che acquista non gli piacciono. Gli artisti eccezionali di cui si innamora dal vivo poi, su vinile non lo convincono. Perché, allora, chi registrava e produceva i dischi Hip Hop li ripuliva della rozzezza verace dell’approccio live; diventavo dischi ossequiosi dell’iconografia della migliore Black Music: tradizionali basi R&B, Funk, Soul, Disco - magari persino eccellenti - con un cantato rap appiccicato maldestramente sopra. Suonavano bene ma non andavano bene.

Così, Rick Rubin si fa prestare 5000 $ dai genitori e inizia a produrre la musica che amava per come voleva ascoltarla. Fonda un’etichetta, la Def Jam e produce il singolo, “It’s Yours” che ha un grande successo nell’area newyorkese e gli consente di entrare in contatto con Russell Simmons, promoter di musica rap, a quei tempi molto in vista. Russell fa a Rick Rubin il miglior complimento che lui potesse sperare di ricevere “Non immaginavo che “It's Yours” fosse stato fatto da un bianco!”.

Sull’eco di questo successo, la Def Jam inizia ad essere sommersa di demo tape di artisti sconosciuti, emergenti della scena Hip Hop che vogliono essere prodotti da Rubin. Tra questi, quello che attira il produttore è tale LL Cool J. Racconterà Rubin: “Non posso dire che fosse grandioso ma suonava alternativo ed era divertente”.

"Less Is More": il successo di LL Cool J

Il pezzo che Rubin realizza con LL Cool J si chiama “I Need a Beat” e stravolge letteralmente i canoni estetici e musicali con cui veniva prodotto e registrato l’Hip Hop. A livello sonoro il pezzo è sostanzialmente un mix tra la sola batteria elettronica con la voce del rapper sparata a cannone. I pezzi frammentati di groove sono cuciti tra loro a colpi spietati di scratch; l’utilizzo parsimonioso ma deciso di echi e delay sulla voce rendono l’incastro ritmico del tutto ancora più irruento. L’apporto armonico di ogni altro strumento musicale è praticamente azzerato e l’unica digressione melodica concessa è uno striminzito tema (forse di sax) talmente filtrato e distorto da risultare quasi indecifrabile.

“I Need a Beat” sfonda e la CBS diventa smaniosa di mettere le mani sul fenomeno Hip Hop che - a quel punto - è grosso e succulento. Così, la Def Jam riceve un contratto da 600.000€ di cui Rubin manda una fotocopia ai genitori, saldando inoltre il prestito iniziale e capendo che il suo, oramai, non è più un hobby. Più di ogni altra cosa però conta il fatto che con LL Cool J, Rubin impone il paradigma del "Less Is More", una delle regole fondamentali del suo manifesto da produttore: "meno cose ci sono in un disco, più è spoglio e d’impatto, meglio è".

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