19 marzo 2025

Randy Rhoads, il chitarrista di Ozzy, celebrato da giganti del rock

Randy Rhoads, genio della chitarra, rivive nelle parole di Ozzy Osbourne, Kirk Hammett, Tom Morello e altri giganti che ancora lo considerano un’icona.

Grazie alla sua chitarra e alla musica che ha scritto, Randy Rhoads ha cambiato rock e heavy metal. Nato nel 1956 a Santa Monica, California, ha iniziato a suonare giovanissimo, fondando i Quiet Riot prima di essere scelto da Ozzy Osbourne come chitarrista per la sua carriera solista. In soli due album, BLIZZARD OF OZZY (1980) e DIARY OF A MADMAN (1981) ha fatto evolvere tecnica, suono e stile del metal, introducendo elementi classici, fraseggi raffinati e quella velocità, pulizia sonora e aggressività trademark del rock di inizio anni ‘80. Celebriamo la grandezza di Randy Rhoads ricordando il suo stile, la sua dedizione assoluta alla musica e il ricordo di chi ancora oggi lo considera una leggenda.

Randy Rhoads, scompare in un incidente aereo il 19 marzo 1982. Per il mondo del rock, e in particolare per l’heavy metal, è una sciagura. Il venticinquenne è uno dei nomi più in vista della scena, il chitarrista e alter ego musicale di una celebrità come Ozzy Osbourne. È lui l’artefice del suono stupefacente con cui Ozzy sta brillando nella sua nuova carriera solista, portando il suo metal verso territori più moderni e tecnici rispetto a quelli dei Black Sabbath. Ma, soprattutto, il dolore per questa scomparsa è acuito dalla consapevolezza di aver perso un vero innovatore del rock, un artista che avrebbe potuto scrivere e comporre ancora grande musica, continuando a evolvere in modo straordinario sul suo strumento.


Randy Rhoads, il chitarrista di Ozzy, celebrato da giganti del rock
PHOTO CREDIT: Flickr/Doran

Il miglior chitarrista metal

Giovanissimo, Randy Rhoads si era già ritagliato un ruolo di spicco nel mondo del metal, portando dentro questo linguaggio qualità eccezionali: integrava nel suo suono e nel suo fraseggio elementi di ispirazione classica con una pulizia tecnica ed eleganza melodica incredibili, andando oltre quanto avevano anticipato Ritchie Blackmore (Deep Purple) o Uli Jon Roth (Scorpions). E tutto questo senza rinunciare alla solidità ritmica e melodica della migliore tradizione rock blues, che garantiva vivacità e passione al suo playing. Una miscela stilistica già elettrizzante, a cui Rhoads aggiungeva suono, aggressività e – soprattutto – la velocità tipica del metal di inizio anni ’80, in pieno fervore tecnico. Più di tutto, però, Randy Rhoads si distingueva per essere un "chitarrista da band”, un musicista che trovava la sua completezza nel mettersi al servizio di un organico più che nell’esibirsi come solista. E questa caratteristica la mostrava sin dagli inizi della sua carriera, quando giovanissimo fonda i Quiet Riot, band con cui inizia la sua ascesa alla notorietà e dove viene notato da Ozzy Osbourne. Addirittura, la leggenda vuole che, ricevuta l’offerta di entrare nella band di Ozzy, Rhoads fosse inizialmente riluttante a lasciare i Quiet Riot, a cui si sentiva profondamente legato e a cui riconosceva un sound più moderno e tecnicamente stimolante di quello dei Black Sabbath. Per questo, chiarito il suo ruolo di chitarrista che si esprime al meglio in un contesto di gruppo, va sottolineato ancora una volta che il suo stupefacente virtuosismo solista non era che la punta dell’iceberg di un musicista con una solida conoscenza ritmica e armonica. Un equilibrio di elementi che lo ha reso, ancora oggi, un’icona della chitarra rock, per molti il miglior chitarrista metal di sempre.

 

Un Guitar Hero diverso

Un ultimo aspetto merita di essere sottolineato: Randy Rhoads ha incarnato una figura di guitar hero piuttosto inedita per l’epoca. Gran parte delle leggende della chitarra – da Hendrix a Clapton, passando per Page fino a Eddie Van Halen, che si stava affermando proprio in contemporanea con Rhoads – erano avvolte dalla sregolatezza del genio, da un’aura di trasgressione e mistero. Rhoads, invece, era uno stakanovista dello studio che – incredibile, considerando chi fosse il suo capo – non si drogava e beveva a stento. Un chitarrista costantemente immerso nello studio, che spendeva i primi ingaggi importanti guadagnati con Ozzy per acquistare una chitarra classica professionale con cui dedicarsi alla musica che più lo ispirava e lo animava. Un musicista che, in ogni città in cui il tour di Ozzy faceva tappa, cercava un insegnante di chitarra con cui studiare e affinarsi ancora di più. Così, oltre a essere stato un innovatore assoluto, Rhoads è stato anche il pioniere di una corrente che negli anni ’80 sarebbe esplosa all’interno della scena metal: quella dei chitarristi neoclassici come Paul Gilbert, Vinnie Moore, Tony MacAlpine, Jason Becker… tutti virtuosi “acqua e sapone”, musicisti prodigiosi assorbiti esclusivamente dallo studio e dalla dedizione alla pratica, che vedevano in Randy Rhoads un modello da seguire.


Il ricordo dei grandi

Il modo più suggestivo per rendere omaggio a Randy Rhoads è lasciare spazio alle parole di chi ancora oggi lo considera un punto di riferimento insuperabile. Ozzy Osbourne, che più di tutti ha condiviso con lui palco e studio, ha sempre parlato con ammirazione del suo talento e della sua dedizione: “Era il musicista più devoto che abbia mai incontrato. Non beveva, non si drogava, studiava la chitarra ovunque andassimo, cercava insegnanti in ogni città. In fondo, voleva diventare un chitarrista classico. Con la sua prima royalty si comprò una chitarra classica costosa e passava notti intere a studiare teoria musicale. Non era solo un grande chitarrista rock, era un maestro della sua arte. Si esercitava ininterrottamente, notte e giorno, perfezionando la sua tecnica e ampliando il suo linguaggio musicale. Prima dell'incidente, aveva passato quattro giorni e quattro notti sveglio, suonando e studiando. Stava lavorando a un progetto ambizioso: voleva iscriversi a un’università per ottenere un diploma in musica. Questo dimostra quanto fosse spinto da una passione assoluta e da una disciplina fuori dal comune. Mentre il resto della band si rifugiava nei bar dopo i concerti, lui andava a cercare nuovi insegnanti per approfondire la teoria musicale. Era un perfezionista nel senso più puro del termine. Non ho mai incontrato nessuno come lui, e non credo che lo farò mai”.

Dichiarazioni simili arrivano dalli giganti del rock e della chitarra

Zakk Wylde (Black Label Society, Ozzy Osbourne):Randy è come Bach, Beethoven o Mozart: la sua musica è senza tempo. Non è solo questione di velocità o tecnica, ma di composizioni che rimangono rilevanti per sempre. Se non fosse morto, quei due album con Ozzy sarebbero comunque celebrati come capolavori”.


Kirk Hammett (Metallica): “Randy era più di un chitarrista, era un leone! Ha rappresentato il musicista dedicato che raggiunge il successo senza compromettere la sua visione artistica. Ha creato un modello che ci insegna a seguire la nostra visione personale”.


Paul Gilbert (Racer X, Mr. Big): “Ha portato un'influenza classica nella chitarra heavy metal in modo melodico e sofisticato. E poi, andiamo, ha scritto "Crazy Train": ogni chitarrista vuole suonare quel riff! Era un pioniere che ha unito elementi complessi con il puro rock”.


Tom Morello (Rage Against the Machine): “Randy ha elevato il livello della chitarra rock e heavy metal. La sua combinazione di tecnica classica e innovazione lo rende unico e immortale”.

Alex Skolnick (Testament): “Randy era genuino e devoto alla musica. Ha portato classe e dignità all’heavy metal, alzando gli standard della chitarra rock. Anche se ha avuto una carriera breve, ha cambiato le regole del gioco”.


Richie Faulkner (Judas Priest): “C’è molto da imparare da Randy: dai suoi riff pesanti e accattivanti alla sua scrittura fantastica. Continuerà a ispirare generazioni di chitarristi per anni a venire”.