28 febbraio 2025

Quattro cose che rovinano l’ascolto della musica (e ci fanno impazzire)

Musica e disastri: impianti scadenti, fan urlatori e playlist improbabili. 4 situazioni che trasformano l’ascolto in un incubo. Vi è mai successo?

Se sei qui, con il naso affondato tra gli articoli di Radiofreccia, è perché anche tu ami immergerti tra i solchi delle canzoni: scoprirne la storia, i musicisti che le hanno suonate, i produttori che le hanno plasmate e persino gli strumenti con cui sono state incise. Ci piace collocarle nel giusto periodo storico o filone stilistico per coglierne meglio il messaggio, l’incisività del suono… tutto perché? Perché siamo degli inguaribili appassionati di rock: per noi ascoltare musica è più di un piacere, è quasi un rituale. Ma quante volte il piacere di ascoltare musica ci viene rovinato per colpa di situazioni assurde?
Ecco, oggi vorrei parlare con voi proprio di questo: le cose che trasformano la goduria dell’ascolto in un incubo. Dai chiacchieroni cronici che parlano sopra la canzone ai cantanti improvvisati che ti strillano nell’orecchio durante i concerti; dagli ascolti improbabili imposti da qualche locale fino al musicofilo nerd che ti sequestra per sottoporti a ore di ascolti forzati e massacranti.

Attenzione però, questa non è la classica deriva da audiofili intransigenti, di quelli che pretendono un ascolto esclusivamente in modalità hi-fi, con vinili in condizioni perfette e impianti da laboratorio. Certo, raccomandiamo (se non addirittura pretendiamo) delle condizioni minime di ascolto dignitose (casse o cuffie funzionanti, volume adeguato, equalizzazione sensata, buona qualità dei supporti…), ma il punto non è questo. Il vero problema sono quelle situazioni che, a prescindere dal mezzo, annientano il piacere della musica e la trasformano in un’esperienza da dimenticare. Così, ho pensato a una selezione delle cose più fastidiose che riescono a rovinare l’ascolto e l’ho condivisa con gli Sfrecciati in diretta, durante Note di Stile (sabato e domenica dalle 17 alle 18). Il risultato? Un elenco ancora più ricco, grazie alle vostre esperienze e testimonianze. Ecco la selezione aggiornata con le 4 cose peggiori che azzerano la libidine di ascoltare musica. 

Quattro cose che rovinano l’ascolto della musica (e ci fanno impazzire)

Audio pessimo, il killer dell’emozione musicale 

Parte una canzone che ci prende e vorremmo solo lasciarci trasportare nel groove, chiudere gli occhi e perderci nella storia che racconta… ma un audio scadente ci sbatte fuori senza pietà. E non parliamo di semplici casse o auricolari economici (che, per quanto scadenti, almeno un suono lo danno), ma di impianti mal equalizzati, difettosi o montati con i piedi. Quante volte ci è capitato? Locali con casse rotte o collegate male, eventi all’aperto con suoni ovattati o, peggio, distorti. Una volta, per esempio, mi sono trovato in un locale con musica "diffusa in giardino", ma dei due monitor ne funzionava solo uno. L’effetto? Stereofonia massacrata, atmosfera inesistente. Un vero disastro, considerando che alcuni brani sono mixati in maniera molto stereofonica, con strumenti o voci drasticamente posizionati su un solo canale. Una cassa fuori uso può letteralmente mutilare una canzone, privandola di parti fondamentali: un assolo di chitarra, un coro, una linea ritmica…E poi ci sono le situazioni ancora peggiori raccontate dagli ascoltatori, come gli eventi all’aperto dove si incrociano due impianti. Da un lato arriva un disco degli AC/DC sparato dal chiosco dei panini, dall’altro un reggae potente dal bar della birra. Noi? Seduti in mezzo a una cacofonia totale, con entrambi i suoni che si sovrappongono e rimbombano nelle orecchie, creando solo fastidio e quasi il mal di mare. Ed ecco che il piacere di essere in un locale con la musica si trasforma in un unico grande rimpianto: non essere rimasti a casa con le cuffie!

 

Musica e ambiente: quando il disastro è servito

La musica in un locale dovrebbe creare atmosfera, accompagnarti senza invadere. Ma quante volte succede il contrario? Sei in un’enoteca, un posto raccolto dove vorresti goderti una conversazione distesa, magari con un bel calice di rosso, e invece ti sparano elettronica a tutto volume, come se fossi in un club di Berlino. Risultato? Per parlare devi gridare, e alla fine rinunci persino a ordinare un secondo bicchiere. E il problema non è solo il volume molesto, ma la totale insensibilità nel capire che ogni locale ha una connessione speciale con un certo tipo di musica. Clamorose, in questo senso, alcune testimonianze degli ascoltatori: pub irlandesi che propongono musica latinoamericana, palestre che sembrano ignorare l’esistenza del rock, ristoranti raffinati con playlist che oscillano tra techno e ballate strappalacrime senza un filo logico. Ma c’è anche il caso opposto: locali con ottima musica in sottofondo, ma gestita malissimo nel volume. Coperta dal chiacchiericcio, dai piatti che sbattono e dal cameriere che passa gridando "un altro spritz!", la musica diventa un miraggio: la percepisci appena, vorresti godertela, ma è inafferrabile. Non accompagna il momento, lo rende solo più frustrante. E poi c’è il caso più estremo, quello che fa impazzire chiunque: locali che alternano musica lounge che ti fa venire voglia di dormire a colpi di reggaeton sparato a metà cena, senza nessuna logica. Un’accoppiata così assurda che ti chiedi se chi gestisce la musica stia improvvisando una playlist con la funzione shuffle dell’orrore. Perché non basta “mettere” la musica: serve sensibilità nello sceglierla, nel capire quando abbassare, alzare o, in certi casi, semplicemente spegnere.

 

Il musicista: il peggior compagno d’ascolto che potresti avere 

Istintivamente, penseremmo che un musicista sia il partner perfetto con cui ascoltare musica. Dopotutto, la suona, la studia, ne capisce ogni dettaglio… quindi chi meglio di lui può condividere un’esperienza musicale impeccabile? E invece, sorpresa: spesso si rivela il peggior compare possibile. Il motivo? Proprio perché è musicista, vive la musica in modo così totalizzante e ossessivo da trascinarti in esperienze a dir poco traumatiche. Perché, e questa è la scoperta inquietante, la musica che gli interessa davvero è solo la sua.Prendiamo il musicista con la sindrome da “ascolto novità urgente”: quello che deve assolutamente farti sentire le ultime registrazioni della sua band. Magari sei in un locale, stai bevendo un drink in pace, e lui ti trascina nella sua auto per farti ascoltare le sue nuove prodezze… a volumi che sfidano la fisica. Tu, prigioniero, annuisci con una faccia da cretino senza fiatare, perché se solo osi parlare, lui torna indietro per farti riascoltare da capo il frammento che hai osato interrompere. E nella tua testa, intanto, preghi solo di poter rientrare al tavolo e ordinare un altro cocktail. Oppure c’è il grande classico: l’amico musicista che ti invita a vedere la sua band dal vivo. Ecco, non è detto che ogni amico che suona abbia la stoffa di Justin Hawkins alla chitarra, e che la sua band sia destinata a ereditare il trono dei Dream Theater. Semplicemente, non lo è. Magari è ancora all’inizio del suo percorso, magari diventerà bravissimo… ma nel frattempo, per amicizia o gentilezza, accetti l’invito e finisci a dover sopportare un repertorio di pezzi che ami, storpiati e involgariti da esecuzioni sciatte, stonate e completamente approssimative. Un trauma musicale che azzera la gioia che quei brani ti hanno sempre dato. E infine, c’è una sottocategoria ancora più insidiosa: il critico musicale mancato, il nerd assoluto, il tuttologo del rock. Qualunque canzone tu gli faccia ascoltare, lui avrà sempre la versione "migliore". Quella che solo lui conosce. Magari un’esecuzione live rarissima di cui nessuno ha mai sentito parlare. E non basta: la band che a te piace? “Sì, ok, carina"… ma nulla rispetto a quel gruppo finlandese di post-rock che lui segue dal 2005 e che - evidentemente - la tua band preferita sta plagiando.

 

ll fan urlatore e il chiacchierone da concerto: il peggior incubo live

Sei lì, nel pieno del live che aspettavi da mesi, pronto a lasciarti travolgere dall’energia della tua band preferita… ma accanto a te c’è l’urlatore seriale, quello che canta ogni parola a squarciagola come se fosse lui il frontman. Stonando. E ovviamente urlando più forte dell’impianto del palco. Ancora peggio? Il chiacchierone da concerto, che vive quello che per te è un momento sacro di immersione nella musica come un’occasione per aggiornarsi sulla vita con l’amico che non vedeva da tempo. Tra un brano e l’altro ti tocca sorbirti discorsi sugli infissi di casa che deve cambiare, l'esame che deve preparare o commenti inutili sul suono della chitarra del solista (“eh, dal disco me lo aspettavo meglio…”). Un brusio costante e nemmeno a volume contenuto, visto il contesto. E così, il live che sognavi diventa una battaglia interiore tra il cercare di ignorare il fastidio e il desiderio sempre più forte di cambiare settore… o di chiedere addirittura il rimborso del biglietto!