Pete Townshend ha parlato della morte di Keith Moon, eccessivo batterista degli Who scomparso nel 1978 a soli 32 anni.
Il leader e chitarrista della storica rock band britannica ha parlato in un'intervista a People di come abbia fatto di tutto per evitare la tragica fine di Moon.
Moon, uno dei personaggi più vicini allo stereotipo della rockstar e uno dei batteristi più grandi della storia, è sempre stato considerato dai suoi compagni di band un personaggio estremamente complicato da gestire.
Un carattere, quello di Moon, che più di una volta ha fatto letteralmente esaurire gli altri Who che, nonostante tutto, gli sarebbero sempre stati accanto.
Tutto per tenere in vita Keith Moon
Keith Moon era esplosivo, eccessivo, sia nel modo di suonare la batteria che nel modo di gestire la sua vita. Moon 'the loon' lo chiamavano e non per caso, 'il folle', un personaggio complicato da gestire e apparentemente senza freni. Di storie sui suoi scherzi, non sempre di buon gusto, i libri di aneddotica del rock sono pieni. Travestimenti, esplosioni, hotel devastati, incidenti, droghe, alcool e un'energia senza pari dietro i tamburi.
Moon era lo stereotipo della rockstar incendiaria fatta persona, tragico finale incluso.
Il batterista degli Who morì a soli 32 anni nel 1978 dopo un'overdose dei farmaci che stava assumendo per cercare di combattere il suo alcolismo.
Una fine che, dice Pete Townshend, è stata inevitabile nonostante il suo intervento.
Parlando con People, il chitarrista e leader degli Who ha spiegato di quanto si sia impegnato inutilmente per evitare che Moon facesse la fine che ha fatto: "Ho provato qualsiasi cosa. Ho cercato di dargli dei soldi, ho cercato di toglierglieli. Ho provato a mandarlo in rehab, ho provato a mandarlo da uno strano santone, da dei medici voodoo", ha dichiarato Townshend, "Ero ossessionato dal cercare di tenere Keith in vita. Era abbastanza chiaro che si trovasse in una spirale discendente e c'era davvero poco che potessi fare. Era un personaggio davvero complicato".