Pearl Jam, 'Avevamo pensato di smettere dopo Roskilde'
Eddie Vedder rivela che dopo la tragedia di Roskilde, i Pearl Jam avevano pensato di non suonare più dal vivo
Pochi giorni fa l'Astroworld Festival, l'evento organizzato dal rapper americano Travis Scott, si è trasformato in una tragedia causando morti e feriti e nella calca. Una situazione che i Pearl Jam hanno vissuto da vicino durante il tristemente celebre festival di Roskilde del 2000 e che, alla luce dei recenti fatti di cronaca, sembra di particolare rilievo.
Di quei giorni in Danimarca e della difficoltà della band nel superare il dramma, al punto da pensare di non salire più su un palco, Eddie Vedder parla nell'audiolibro "I Am Mine".
Mai più dal vivo
Pochi giorni fa è uscito "I Am Mine", audiolibro in cui Eddie Vedder racconta la sua vita e la sua musica con la sua vera voce.
Nel 2000 i Pearl Jam si trovarono a testimoniare la tragedia davanti i loro occhi mentre si esibivano al festival danese di Roskilde. Una calca che provocò morti e feriti - proprio come all'Astroworld Festival - e che cambiò per sempre non solo la vita delle famiglie delle vittime ma anche della band.
Uno shock che, in un primo momento, fece prendere in considerazione ai Pearl Jam l'idea di non salire più sul palco:"C'era almeno una persona nella band, lo ricordo chiaramente, che pensava che forse non avremmo mai più dovuto suonare dal vivo".
Alla fine, le cose andarono diversamente e sul palco i Pearl Jam tornarono dopo solo due mesi, anche se tornarono a suonare in un festival solo sei anni dopo.
Salire sul palco poco dopo, il 3 agosto del 2000 in Virginia, non si rivelò comunque una cosa da affrontare a cuor leggero:"I nostri nervi erano molto tesi la sera prima" - rivela Vedder - "Abbiamo fatto questo soundcheck veloce e ci sembrava strano, guardare i posti vuoi in platea aveva un significato totalmente diverso".
Metabolizzare il dolore
Troppo era il dolore da affrontare e da processare per i membri della band, racconta Vedder:"Tutti noi abbiamo dovuto metabolizzare la cosa in maniera individuale ma anche aiutandoci gli uni con gli altri".
Un dolore che il frontman dei Pearl Jam cercò di affrontare 'nascondendosi in piena vista' e cercando di vivere il contatto con gli altri esseri umani nella maniera più distaccata possibile:"In un certo senso mi sono dato per disperso in Europa. Il mio modo di superare il tutto era fare cose come prendere lezioni di chitarra spagnola da persone che non parlavano inglese. Era un modo per me di concentrarmi e circondarmi di persone che in gran parte non riuscivo a capire. Questo mi permetteva di essere a contatto con altre persone ma, dal momento che non capivo le loro parole, potermi vivere il tutto in modo calmo e tranquillo".
Proprio quella sofferenza portò alla scrittura di 'I Am Mine', primo singolo estratto dal successivo album, "Riot Act" del 2002:"Mi sentivo fragile, ero travolto dalle emozioni e pensavo di non avere controllo. Dovevo fare qualcosa ed è così che registrai I Am Mine. Parlava del prepararsi a quel primo show, sperando che sarebbe andato tutto bene quella sera".
La tragedia dei Pearl Jam a Roskilde
Erano le 22.30 quando i Pearl Jam, impegnati a portare in tour l'album "Binaural" uscito poco più di un mese prima, salivano sul palco del Roskilde davanti ad una folla oceanica e attaccano a suonare.
Corduroy, Breakerfall, Hail Hail, la band di Eddie Vedder esegue i propri brani uno dopo l'altro ma nel frattempo, nel pit, c'è qualcosa che non va.
Quel giorno pioveva nella campagna danese, e fin qui nulla di strano. Pioveva tanto, troppo e i temporali avevano reso l'area davanti l'Orange Stage, il palco principale del festival una poltiglia scivolosa di fango e melma, qualcosa di abbastanza caratteristico per i festival nordeuropei tanto da rendere gli stivali di gomma un accessorio fondamentale per l'outfit da perfetto festivaliero. In alcuni casi, però, quel fango può diventare una base pericolosa quando hai decine di migliaia di ragazzi intenti a scatenarsi e pogare al ritmo della loro musica preferita, ignari dell'imprevisto che è sempre dietro l'angolo.
I Pearl Jam continuavano a suonare fino a quando, dopo i primi quarantacinque minuti di set, la zona presidiata da un volontario della sicurezza, Per Johansen, 37 anni e da dieci in servizio al Roskilde, diventa la scena di un tragedia.
La calca era pressante e pesante e la folla spingeva forte nel tentativo di avvicinarsi al palco, qualcosa che ognuno di noi avrò provato andando ad un concerto. A causa del terreno scivoloso, però, qualcuno perde l'equilibrio e cade rovinosamente in mezzo al pubblico, aprendo un varco nel quale la gente inizia a fiondarsi senza controllo.
Come una mandria impazzita il fiume di persone calpesta tutto quello che si trova davanti dando via ad una vera tragedia sotto gli occhi del pubblico: otto ragazzi vengono schiacciati, soffocati, mentre i Pearl Jam sul palco suonano. Moriranno lì, mentre un nono farà la stessa fine pochi giorni dopo in ospedale. Altri 26 ragazzi resteranno feriti, tre gravemente.
Johansen intanto ha fatto partire l'allarme che arriva anche alla band. Vedder dal palco invita il pubblico ad allontanarsi: "Al mio tre fate tre passi indietro" dice al microfono cercando di disperdere la folla, ma ormai non c'è più niente da fare.
L'evento rimarrà nel cuore dei Pearl Jam, uno shock da cui non si riprenderanno mai davvero e diventerà un precedente per cambiare la gestione della sicurezza nei concerti di tutto il mondo perché, anche se la questione fu archiviata come causata da un evento fortuito, Vedder e soci si sentiranno per sempre responsabili e convinti che una gestione diversa della sicurezza avrebbe potuto consentirgli di fermarsi prima e, forse, salvare quelle vite.