Mark Knopfler ha pubblicato il suo decimo album solista, "One Deep River", un lavoro che porta ancora una volta il leader dei Dire Straits a fare i conti con la sua Newcastle.
Uscito il 12 aprile, il disco di Mark Knopfler è uno sguardo tenero e mai nostalgico all'adolescenza del musicista inglese sulle rive del fiume Tyne.
Uno scenario, quello di Newcastle, che ha fatto da sfondo a sogni e speranze di un ex 'baby reporter'che è salito a bordo di un treno, direzione Londra, per raggiungere il suo sogno.
E come musicista Knopfler qualche soddisfazione se l'è tolta, diventando uno dei guitar hero più riconoscibili di sempre e vendendo oltre 120 milioni di dischi.
Della decisione di lasciare Newcastle per inseguire i suoi sogni, del suo rapporto con la chitarra, i live e il suo ruolo di cantautore, Knopfler ne ha parlato con Gianluigi Riccardo ai microfoni di Radiofreccia.
Newcastle e il Mississippi di Knopfler
Newcastle è presente già nel titolo del nuovo album di Mark Knopfler, "One Deep River" e quel river, quel fiume, è il Tyne, praticamente il Mississippi di un artista che ha sempre cercato di trasportare la sua passione per il folk americano e il blues all'interno dei luoghi in cui è cresciuto.
"Niente di misterioso, ho sempre voluto inserire la mia geografia all'interno delle canzoni. L'ho fatto sin dal primo album dei Dire Straits con Southbound Again e poi ho iniziato ad inserire Londra, con la quale ho una relazione da quando avevo solo 14 anni", spiega Knopfler.
Del resto Newcastle è la città dei ricordi per Knopfler che, ogni volta che ci passa, viene inondato dalle immagini dei primi concerti vestiti da spettatore: "E' a Newcastle che ho visto per la prima volta Chuck Berry quando avevo solo 15 anni. Ed è lì che ho visto Bob Dylan e Van Morrison. Ora mi diverte molto pensarci ma c'è una canzone nel disco che si chiama Watch Me Gone e parla proprio dei sogni di quel ragazzo e i miei progetti erano grandi".