18 marzo 2025

Jerry Cantrell: Alice In Chains, metal e il ritorno alle origini con I WANT BLOOD

Jerry Cantrell torna alla ferocia metal con I WANT BLOOD. Un viaggio tra il suo stile unico, le radici negli Alice In Chains e l'evoluzione del suo sound.

Nato il 18 marzo 1966, Jerry Cantrell è stato l’ingrediente musicale decisivo nella ricetta sonora e stilistica degli Alice In Chains, la band che più di ogni altra ha intrecciato le radici del grunge con le influenze del metal e dell’hard rock. Il suo approccio chitarristico, fatto di riff, armonie oscure e assoli evocativi, ha reso gli Alice una voce unica nella scena di Seattle: profondamente radicati in quel movimento, ma al tempo stesso affini al crossover e al metal dell’epoca.

Jerry Cantrell ha sempre celebrato la canzone e il suono della band, senza mai cedere a smanie da guitar hero, dimostrando che si può lasciare il segno in qualsiasi contesto stilistico senza rinunciare alla propria identità. Proprio come lui: metallaro allora nella scena grunge e metallaro oggi, nel suo ultimo e pesantissimo lavoro da solista I WANT BLOOD.

Jerry Cantrell: Alice In Chains, metal e il ritorno alle origini con I WANT BLOOD
PHOTO CREDIT: Wikimedia Commons|Stefan Brending

DIMMI CHE CHITARRA SUONI E TI DIRÒ CHI SEI

Dimmi che chitarra suoni e ti dirò chi sei. E non potrebbe esserci affermazione più calzante per Jerry Cantrell che, nella scena di Seattle dominata dal grunge dei primi anni ’90, sfoggiava una chitarra da metallaro anni ’80: un’anomalia evidente! Era il momento in cui i chitarristi tornavano a suonare strumenti più tradizionali, quelli del classic rock degli anni ’60 e ’70. Fender era il marchio più diffuso, ma non tanto per le Stratocaster di Jimi Hendrix o David Gilmour: sulla scia di Kurt Cobain, dominavano Jaguar, Jazzmaster e Mustang, chitarre dal suono slabbrato e irregolare, perfette per il grunge più selvaggio. Per sonorità più spesse e corpose, invece, si preferivano le Gibson SG di Robby Krieger (The Doors) o Pete Townshend, oppure le Les Paul di Jimmy Page. Cantrell, invece, imbracciava una G&L Rampage, un modello di chitarra superstrat pensato per il metal, con specifiche in netto contrasto con la scena grunge. Corpo in ontano e manico in acero per un suono definito e aggressivo, un pickup potente per un attacco diretto e incisivo, e un ponte tremolo progettato per un uso espressivo e tecnico, più adatto ai virtuosi hard rock che alla ruvidità del grunge. Una configurazione essenziale, con un’elettronica ridotta al minimo, pensata per chi punta all’immediatezza e alla massima resa sul palco. Una chitarra che rispecchiava perfettamente lo stile di Jerry Cantrell e il suono degli Alice In Chains, una band che pur essendo parte della scena grunge aveva un’identità distinta. Cantrell ammetteva una formazione e un’attitudine da chitarrista metal, con influenze che sconfinavano nel blues e nel country, portando una profondità e una varietà sonora uniche nella Seattle degli anni ’90.

 

UN CHITARRISTA OLTRE IL GRUNGE

Pur essendo una figura centrale del grunge, Jerry Cantrell ha sempre rivendicato una visione musicale più ampia, identificando gli Alice in Chains come una band heavy metal con forti influenze blues, rock and roll e persino punk. A differenza di molte band di Seattle, il loro suono non era basato solo sull’energia grezza e sulla spontaneità, ma aveva una struttura più elaborata e stratificata. Uno degli elementi chiave della sua scrittura è l’importanza del riff: nei brani degli Alice in Chains, i riff sono veri e propri pilastri su cui si regge l’intera canzone, un tratto distintivo che lo avvicina alla tradizione dell’heavy metal classico. I classici della band, brani come "Man in the Box" e "We Die Young", mostrano questa attenzione al riff come motore portante del pezzo. A questo si aggiunge un uso sofisticato delle armonie vocali, in cui la sua voce si intrecciava con quella di Layne Staley (e successivamente di William DuVall), creando un contrasto unico tra aggressività e malinconia. Ma la potenza elettrica non è l’unica anima degli Alice in Chains: Cantrell ha sempre mostrato un lato più riflessivo e melodico, capace di esprimersi anche in ambito più acustico e distintivo, come negli album SAP (1992) e JAR OF FLIES (1994), dove il suo songwriting assume sfumature più intime e profonde. Il suo spettro di influenze è vasto e spazia da Elton John a Pink Floyd, Led Zeppelin e Black Sabbath, il che spiega la sua capacità di mescolare pesantezza e melodia con grande naturalezza.

 

LO STILE 

Se il grunge è spesso associato a suoni sporchi e caotici, Cantrell ha costruito il proprio marchio di fabbrica con distorsioni ricercate e accordature ribassate, creando un sound oscuro e avvolgente. I suoi riff densi e cadenzati, spesso caratterizzati da una tensione drammatica, devono molto alla scuola doom metal di Tony Iommi. Brani come "Them Bones" e "Would?" esemplificano questo approccio con progressioni pesanti e oscure. Nei suoi assoli, invece, emergono influenze più vicine a Eddie Van Halen e Jimi Hendrix, con un uso espressivo del bending, dei semitoni e delle dissonanze, che contribuisce a quell’atmosfera inquietante tipica del sound degli Alice in Chains. Assoli come quello in "Rooster" dimostrano la sua capacità di creare momenti evocativi senza scadere nel virtuosismo fine a se stesso. A differenza di molti chitarristi grunge, che rifuggivano gli assoli per concentrarsi su un approccio più grezzo e minimale, Jerry Cantrell non ha mai rinunciato a momenti solistici, ma ha sempre evitato l’autoindulgenza del virtuosismo fine a sé stesso. I suoi assoli, spesso costruiti su linee blues melodiche ma anche sulle stesse scale minori utilizzate da chitarristi metal come Kirk Hammett o Randy Rhoads, sono sempre pensati per esaltare la narrazione del brano, piuttosto che per mettersi in mostra. In questo senso, si distingue tanto dai chitarristi grunge più spartani quanto dagli shredder dell’epoca, trovando un equilibrio unico nel panorama del rock.


 

I WANT BLOOD

La differenza tra una rockstar e un vero musicista sta nella continuità dell'ispirazione. Se la prima vive alla luce del successo e delle circostanze che la portano alla notorietà, il secondo è tale sempre, spinto da un'urgenza espressiva che prescinde dal tempo e dalle mode. Jerry Cantrell incarna perfettamente questa seconda figura: la sua vocazione musicale ha superato la fine del grunge, il susseguirsi di altre ere sonore e soprattutto la drammatica storia degli Alice In Chains, segnati dalla perdita di Layne Staley nel 2002 e, successivamente, del bassista Mike Starr nel 2011. Eppure, Cantrell non si è mai fermato, portando avanti il proprio percorso con un'identità chiara e inconfondibile. Con I WANT BLOOD, Jerry Cantrell torna alla ferocia e alla densità sonora degli esordi con gli Alice in Chains, distaccandosi dalle atmosfere più riflessive di BRIGHTEN (2021). L'album, uscito il 18 ottobre, si distingue per un carattere sanguigno e diretto, con riff massicci e una produzione robusta curata dallo stesso Cantrell insieme a Joe Barresi, noto per i suoi lavori con Tool e Queens of the Stone Age. A testimoniare questo ritorno alle sonorità più aggressive, il primo singolo "Vilified" sfoggia tempi complessi, caratteristica spesso presente negli Alice in Chains, e una grande ricerca sonora ottenuta mettendo in gioco un arsenale di effetti vintage ricercati, gli stessi che hanno scolpito sound iconici degli anni '70 e poi quelli del grunge. In questo album, Cantrell ha anche ripreso in mano la sua storica G&L Rampage, la chitarra con cui ha registrato la quasi totalità del repertorio degli Alice In Chains, aggiungendo un ulteriore livello di continuità con il suo passato musicale. La line-up stellare dell'album, con Duff McKagan (Guns N' Roses) e Robert Trujillo (Metallica) al basso e Mike Bordin (Faith No More) alla batteria, aggiunge ulteriore impatto a un lavoro che promette di essere uno dei più intensi della sua carriera. "Questo disco è una cosa seria... Penso che sia tra i miei migliori lavori come autore e chitarrista", ha dichiarato Cantrell, sottolineando come I WANT BLOOD rappresenti la sua anima musicale più viscerale e potente.