25 marzo 2025

James Iha e il suono multiforme degli Smashing Pumpkins

James Iha e il sound stratificato degli Smashing Pumpkins: un viaggio tra distorsioni, melodie e sperimentazione nella band più multiforme dell’alternative rock

Schivo, elegante, sempre un passo indietro rispetto alle luci della ribalta, James Iha è stato per anni il chitarrista silenzioso degli Smashing Pumpkins. Ma dietro quel profilo defilato si nasconde uno dei musicisti più influenti e stilisticamente raffinati della scena alternative. Oltre agli Smashing Pumpkins infatti,  Iha ha suonato nei A Perfect Circle, co-fondato i Tinted Windows con Taylor Hanson e Adam Schlesinger, prodotto colonne sonore, remix e dischi da solista, confermando un'identità artistica eclettica, capace di spaziare tra indie pop, rock sperimentale e collaborazioni trasversali

Nato il 26 marzo 1968, James Iha è il co-fondatore della band con Billy Corgan e ha contribuito in modo determinante al sound visionario del gruppo, portando in dote un gusto melodico fuori dagli schemi, un approccio chitarristico stratificato e una sensibilità pop che ha spesso alleggerito la furia sonora di Corgan.

James Iha e il suono multiforme degli Smashing Pumpkins
PHOTO CREDIT: Tiffany Bauer/Wikimedia Commons

Il sound degli Smashing Pumpkins

Nel mare in tempesta dell’alternative nato dal rock degli anni ’90, gli Smashing Pumpkins restano l’isola più variegata su cui attraccare: una band capace di spaziare dalle distorsioni magmatiche del grunge alle cesellature più high tech del metal, passando per incursioni nel pop, nell’industrial, fino ad aperture elettroniche e orchestrali. In questo universo in continua espansione, James Iha è stato il custode della coerenza emotiva, quello che riusciva a infilare un arpeggio acustico tra due muri di fuzz (distorsione per chitarra e basso sporca e caotica) senza che l’incantesimo si spezzasse. Il suo stile, fatto di layering, effetti dosati con cura e soluzioni armoniche insolite, è diventato uno dei pilastri di album epocali come SIAMESE DREAM (1993) e MELLON COLLIE AND THE INFINITE SADNESS(1995). E ancora oggi, nel continuo trasformarsi della band, James Iha resta la pennellata discreta ma fondamentale su una tela sonora in cui ogni dettaglio ha un peso. Il sound della band è fatto di strati, sovrapposizioni e dinamiche che cambiano di colpo. Non è raro trovare brani con decine e decine di tracce di chitarra, ognuna con un proprio ruolo armonico, timbrico o semplicemente atmosferico. È un muro di suono che però non opprime, ma avvolge, cambia forma, respira. La gestione del tono è centrale: distorsioni di ogni sorta e intensità, modulazioni (chorus, flanger e phaser) dosate al millimetro per aggiungere spazialità ed eleganza o spremute con il gusto della sperimentazione psichedelica, delay che diventano parte integrante del groove e pitch-shifter (effetto che altera l’altezza del suono) utilizzato come strumento creativo, non solo come effetto di contorno. Anche la scelta delle chitarre e delle accordature contribuisce a rendere il suono degli Smashing una vera e propria tavolozza cromatica. Humbucker e single coil convivono su palette sonore che spaziano dalla morbidezza sognante di "1979" alla furia esplosiva di "Jellybelly", passando per i paesaggi malinconici di "Today" e i riff spezzati e obliqui di "Beguiled". La gestione delle dinamiche è chirurgica: si passa in un attimo da un sussurro ambient a un’esplosione furibonda di fuzz e crash (il piatto della batteria più chiassoso).


Un equilibrio sempre imprevedibile

Ma non si tratta solo di suoni e tecnica. Il vero cuore del chitarrismo negli Smashing Pumpkins è quel confine sottile tra precisione e sentimento, tra controllo e abbandono. Prendi il vibrato lento e doloroso nel ritornello di "Today", oppure la corsa impazzita e disordinata dell’intro di "Jellybelly": sono dettagli che raccontano un mondo emotivo, oltre che musicale. E se da un lato l’approccio solistico della band pesca dal virtuosismo più estremo – con Corgan che duella spesso con se stesso o con il compagno di turno su fraseggi che non si limitano alle scale blues ma scomodano scale di derivazione jazzistica e fraseggi incendiari sciorinati con distorsioni da metallari – dall’altro l’identità degli Smashing si costruisce proprio nell’ibrido: nel fondere strati di chitarra per creare nuove parti, nel sovrapporre arpeggi cristallini a riff distorti, nel fare convivere gelidi sintetizzatori da new wave anni 80 con fuzz da garage punk, in un equilibrio sempre imprevedibile. James Iha, con la sua attitudine gentile e il suo gusto per la misura, è stato l’elemento che ha mantenuto un’anima melodica e poetica anche nei momenti più frastagliati del suono della band. Ecco perché, anche oggi, nel continuo mutare della formazione, il suo tocco resta un riferimento imprescindibile per capire davvero cosa rende gli Smashing Pumpkins una delle esperienze sonore più ricche, complesse e affascinanti del rock degli ultimi decenni.