10 marzo 2025

Il genio dietro Metallica, Audioslave e SOAD: 4 album per capire Rick Rubin

Rick Rubin è un produttore che non impone uno stile: esalta l’essenza delle band. 4 album - da Linkin Park a Audioslave - che raccontano il suo tocco magico

Ci sono produttori artistici che lasciano il proprio marchio attraverso un suono riconoscibile, una firma sonora che diventa quasi un genere a sé. Un timbro, eterogeneo o complementare, che si integra e colora il suono della band o dell’artista con cui stanno lavorando. E poi c’è Rick Rubin. Nato il 10 marzo 1963, Rubin è uno dei creativi più influenti della musica moderna, capace di lavorare con artisti agli antipodi – dal rap al metal estremo, dal folk al rock da classifica – senza mai snaturare la loro essenza. Anzi, il suo talento sta proprio nel portarli alla loro massima espressione, come se li mettesse in bella copia. Il suo merito più grande? Non quello di imporre uno stile, ma di far emergere il potenziale più puro e potente di ogni band o artista con cui lavora.

Lo ha spiegato perfettamente Anthony Kiedis, il frontman dei Red Hot Chili Peppers, quando ha detto: “Sa catturare la performance migliore e più spontanea di un gruppo senza cambiarla di una virgola”. E infatti Rick Rubin è l’uomo che ha portato i Red Hot nell’Olimpo del rock, producendo il loro capolavoro e manifesto artistico BLOOD SUGAR SEX MAGIK (1991), l’album che li ha lanciati tra le band più importanti degli anni ’90 grazie a una fusione senza precedenti tra funk, rock e alternative, con un songwriting da classifica e una pregnante ispirazione hendrixiana.

Il genio dietro Metallica, Audioslave e SOAD: 4 album per capire Rick Rubin
PHOTO CREDIT: jasontheexploder|Wikimedia Commons

Quattro dischi

La storia di Rick Rubin è quella di un visionario che ha sempre rifiutato qualsiasi confine musicale. Negli anni ’80, partendo come DJ con il vizio della chitarra punk, ha avuto la genialità di scommettere su due band che sembravano agli antipodi: i RUN DMC, alfieri del rap più ruvido, e gli Slayer, icone di un metal feroce e apocalittico. Due mondi che non si erano mai nemmeno sfiorati e che Rubin, con la sua visione, ha saputo portare entrambi alla ribalta. Per lui i generi musicali non sono compartimenti stagni, ma territori fluidi pronti a contaminarsi. Una filosofia che ha sempre caratterizzato il suo approccio e che trova uno dei suoi massimi esempi nei Beastie Boys, che passeranno alla storia come il più divertente gruppo punk che fa hip hop. Abbiamo scelto di raccontare Rick Rubin attraverso quattro album che non solo rappresentano momenti diversi della sua carriera, ma raccontano storie affascinanti del suo impatto magico sulle band con cui ha lavorato.

AUDIOSLAVE – AUDIOSLAVE (2002)

Rick Rubin è il Cupido che fa incontrare gli Audioslave, la band mitologica nata dall’unione tra Chris Cornell cantante dei Soundgarden e la sezione strumentale dei Rage Against the Machine. Tutto parte dall'amicizia tra Rubin e Tom Morello, che il produttore definisce “il Jimmy Page dei giorni nostri”. Quando Zack de la Rocha lascia i RATM, è Rubin a suggerire alla band: “Ragazzi, dovreste provare a suonare un po’ con Chris Cornell”. L’intesa è immediata e il produttore apre loro le porte del suo studio per dare forma a un nuovo sound: un mix di hard rock, groove e psichedelia, con brani come "Cochise" e "Like a Stone" che diventano istantanei classici. 

 

SYSTEM OF A DOWN – MEZMERIZE/HYPNOTIZE (2005)

Rubin guida i SOAD nella loro opera più ambiziosa: un doppio album pubblicato a sei mesi di distanza. MEZMERIZE esplode con il caos: "B.Y.O.B." è pura furia creativa, un frullato di tutto ciò che di più molesto, violento, groovoso e ironico si possa produrre. HYPNOTIZE, invece, flirta con atmosfere più cupe e persino romantiche, come nella straziante "Lonely Day", che un assolo di chitarra schizzato scongiura dall’essere sdolcinata. Il mix di ironia, virtuosismo e schizofrenia sonora è esaltato dalla produzione di Rick Rubin, che permette alla band di spingere al massimo la loro follia sonora senza freni. Un epilogo glorioso prima dello scioglimento.

 

LINKIN PARK – MINUTES TO MIDNIGHT (2007)

Dopo il successo di HYBRID THEORY (2000) e METEORA (2003), i Linkin Park cambiano rotta con Rick Rubin, scostandosi dal nu-metal per un suono più ampio e riflessivo. Il disco mescola alternative rock, ballad struggenti e momenti esplosivi, segnando la maturazione della band. "What I’ve Done" diventa un inno, mentre "Shadow of the Day" mostra un lato più melodico, quasi cinematografico. Rubin aiuta il gruppo a rompere gli schemi e reinventarsi senza tradirsi.

 

METALLICA – DEATH MAGNETIC (2008)

Dopo il discusso ST. ANGER (2003), i Metallica tornano alle origini thrash con Rick Rubin, che li spinge a ritrovare l’energia di MASTER OF PUPPETS (1986). Riff serrati, assoli devastanti e un sound grezzo restituiscono ai fan l’essenza della band. "The Day That Never Comes" e "All Nightmare Long" incarnano  suono, spirito e attitudine da “vecchia scuola spacca-denti” che il metal pretende da una band paladina del genere. Rick Rubin esalta la loro aggressività naturale, eliminando sovrastrutture eccessive. Un ritorno potente, epico e viscerale.


Alter ego di band e musicisti

Come abbiamo fatto con altri grandi produttori che hanno lasciato un segno nella storia del rock – da David Kershenbaum con "Fast Car" di Tracy Chapman a Michael Beinhorn con la svolta mainstream delle Hole in CELEBRITY SKIN (1998), fino a Rob Cavallo, l’angelo custode dei Green Day – con questo articolo vogliamo stuzzicare i lettori ad appassionarsi a una figura fondamentale nella musica e nella storia del rock: il produttore artistico. Dietro la regia di uno studio di registrazione, diventa un membro aggiuntivo delle band, un vero alter ego, decisivo nella realizzazione di album diventati capolavori.