Il debutto degli Arctic Monkeys: il rock britannico incontra la club culture

Con un uso pionieristico dei social e un entusiasmo mediatico travolgente, nel 2006 gli Arctic Monkeys scuotono l’indie mescolando post-punk e clubbing

Servirsi alla migliore tradizione rock britannica, dal garage rock al post-punk revival, per raccontare le notti folli tra pub e discoteche dei ventenni di inizio anni 2000: questa è la formula che ha reso un classico il debutto degli Arctic Monkeys, WHATEVER PEOPLE SAY I AM, THAT’S WHAT I’M NOT, uscito il 23 gennaio 2006

In un panorama indie rock, allora percepito come stantio, gli Arctic Monkeys si imposero con una vivacità musicale diversa. Pionieri nell’uso dei social per diffondere la loro musica, sfruttarono una strategia di promozione inedita che attirò un'attenzione senza precedenti, amplificata da una stampa pronta a celebrare ogni loro mossa con toni sensazionalistici.

Il debutto degli Arctic Monkeys: il rock britannico incontra la club culture
PHOTO CREDIT: Anil Sharma

Un panorama musicale in cerca di freschezza

Nei primi anni 2000, la scena musicale britannica attraversava una fase di transizione. Il Britpop, che aveva dominato il decennio precedente, si era esaurito, lasciando spazio a un panorama indie-alternative percepito come stagnante, ancorato ai Libertines di Pete Doherty o a band che emulavano il sound dei The Strokes. In questo contesto, gli Arctic Monkeys emersero come una novità assoluta, pronti a soddisfare l'insofferenza di un pubblico in cerca di qualcosa di fresco e sfacciatamente rock. Il segreto del loro successo iniziale risiedeva in una strategia di distribuzione musicale unica per l’epoca: durante i concerti, la band regalava demo su CD ai fan, i quali, entusiasti, caricavano quei brani sui primi social media, come MySpace. Questo passaparola digitale spontaneo trasformò rapidamente gli Arctic Monkeys in una sensazione virale, ben prima che il termine "virale" diventasse di uso comune. La stampa britannica, mai avara di iperboli, contribuì ad alimentare l’hype. Riviste e giornalisti descrivevano la band come la più grande promessa del decennio, evocando un entusiasmo che non si vedeva dai primi live degli Oasis negli anni ’90. 

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