i Biffy Clyro si raccontano in esclusiva a Radiofreccia

La band scozzese sarà al Flowers Festival di Collegno il 17 luglio. E il 18 a Rimini. Il saluto in video per i nostri ascoltatori.

I Biffy Clyro stanno per tornare in Italia. Due date: la prima li vedrà protagonisti del terzo Flowers Festival di Collegno (To), il 17 luglio (la rassegna, ricca di nomi di richiamo, si svolgerà dall’11 al 22 al Parco della Certosa). Il giorno successivo la band scozzese sarà al Fiera Rock Park di Rimini. Abbiamo chiesto loro di raccontare la loro storia, in esclusiva per Radiofreccia.

«Siamo una band di tre elementi che ha iniziato a suonare insieme a scuola, a 14 anni, composta da una coppia di gemelli, Ben e James Johnston e il loro migliore amico Simon Neil. All'inizio ci riunivamo i weekend solo per divertirci, fare quanto più rumore possibile e annoiare i nostri vicini, ma presto ci siamo resi conto che eravamo una band abbastanza decente non appena Simon ha iniziato a scrivere canzoni. Abbiamo affrontato le cover più cupe dei Nirvana e attraversate le nostre fasi punk e nu metal. Per anni abbiamo suonato in lungo e in largo per lo Ayrshire, la zona della Scozia da cui proveniamo, e, a volte, a Glasgow, prima di essere scritturati da un'etichetta indipendente, la Beggars Banquet. A quel punto abbiamo realizzato tre dischi abbastanza aggressivi, sempre però con un occhio alla melodia. Un centinaio di date su e giù per il Regno Unito ci portarono un seguito di fan devoti ed entusiasti. A quel punto diventammo irrequieti: desideravamo tanto suonare all'estero e portare la nostra musica in tutto il mondo. Per questo ci siamo trasferiti su un'etichetta molto più ambiziosa e abbiamo firmato per la 14th Floor, controllata dalla Warner. L'album successivo, “Puzzle”, registrato e prodotto da Garth Richardson, ha raggiunto la posizione n.2 nelle classifiche inglesi e, pian piano, siamo diventati una band di riferimento».

E da lì avete preso il volo.

«Beh, Il nostro sound, a quel punto, si era evoluto per esprimere un’inclinazione più ampia ed epica e contemporaneamente rimaneva ispirato dalle nostre strane tendenze. I due grandi album successivi con Garth, l'ultimo dei quali è diventato un doppio disco, ci hanno portato più successo di quello che avremmo immaginato e spinti in cima a tutte le line-up dei migliori festival in Gran Bretagna e in Europa. Siamo davvero orgogliosi di quello che abbiamo realizzato con Garth ma sentivamo che dovevamo cambiare l'uomo seduto alla produzione per il nostro settimo disco “Ellipsis”. La scelta è ricaduta su Rich Costley, che ci ha aiutato veramente a sfruttare lo studio più di quanto avessimo fatto prima e ha portato il nostro sound in una direzione completamente nuova. In passato noi non avremmo mai registrato una canzone come "Rearrange" o "Friends and Enemies" ma facendo così siamo riusciti a catturare i cuori di tanti amanti della musica in tutto il mondo».

Non avete mai smesso di esplorare il vostro sound.

«Questa band è sempre stata in evoluzione. Mai stati fermi o con lo sguardo rivolto al passato e sempre onesti con la nostra musica. Abbiamo realizzato questo con il massimo delle nostre abilità ed è un sogno dare spazio alla nostra anima. E vivendo di questo. Eravamo veramente scomodi e aggressivi ai nostri inizi. Se la musica non era in qualche modo distorta o heavy, non eravamo interessati. Questo ha iniziato a cambiare velocemente quando abbiamo compiuto 20 anni e abbiamo allargato i nostri ascolti verso qualsiasi cosa che andasse dal folk all'hip hop e qualsiasi cosa che stesse in mezzo. Agli esordi (“Blackened Sky”) cercavamo di suonare come le nostre band preferite compresse in una sola, qualcosa di simile a The Dillinger Escape Plan che incontrano i Weezer ma già al nostro secondo disco (“Vertigo of Bliss”) e al terzo (“Infinity Land”) abbiamo trovato il nostro sound e la nostra voce. E' abbastanza difficile per noi descrivere in che modo questo sia avvenuto, ma a un certo punto abbiamo smesso di suonare come le altre band e abbiamo iniziato a sentirci solo i Biffy Clyro. Quei tre album sono, in effetti, alquanto bizzarri. Essere con un'etichetta più piccola ci offriva lo spazio perfetto per sperimentare musicalmente e così un sacco di tracce di allora avevano milioni di idee concentrate in una canzone. E' stato importante per noi sfidare ogni possibile ascoltatore, quasi come un test per vedere quanto strani potevamo arrivare ad essere. Se non avessimo attraversato questo processo, non avremmo mai potuto essere pronti per realizzare i dischi arrivati in seguito». 

E poi?  

 «Dopo una lunga pausa e il cambio di etichetta, abbiamo registrato “Puzzle”, che è stato un album molto difficile. Simon aveva da poco perso sua madre e così, ovviamente, l'intero disco è incentrato sulla perdita, sul dolore e sulle finalità della morte, ma c'è anche la luce della speranza che risplende attraverso questi elementi. Ovviamente le parole presero più importanza rispetto agli album precedenti e quindi la musica ha dovuto sedersi un attimo dietro e lasciare che le parole potessero respirare. Simon ha iniziato a scrivere melodie veramente forti con strutture notevoli come in "Machines" and "Folding Stars" che spiccavano ma che rimanevano abbastanza strane per nutrire le nostre anime strane e bizzarre. "Only Revolutions" è stata la nostra seconda avventura con Garth e uno dei nostri dischi più divertenti. Il produttore conosceva bene le nostre intenzioni, le nostre aspirazioni musicali e noi come persone, perciò era più facile trovare un accordo. il suono in questo disco è molto più sicuro, è molto più Biffy Clyro. In canzoni come "Bubbles", "Montains" e "The Captain" potevamo “pavoneggiarci” in modo tutto nuovo e mai sentito nei dischi precedenti. Quei pezzi avrebbero portato i nostri live su nuove vette».  

E Simon è entrato a quel punto in una fase creativa molto prolifica. 

«Simon ha iniziato ad essere una macchina da canzoni dal sesto album, "Opposites". Ne compose oltre 40! Così rischiammo il doppio album che ogni rock band sogna di fare. Avevamo deciso di fare le cose in grande, quasi ogni pezzo era epico. In quel disco mettemmo qualsiasi elemento, pure il lavandino della cucina! C'è qualsiasi cosa dal tap dancing ai cori agli organi da Chiesa e i Mariachi in 5/4. E' stato un album duro da registrare per una serie di incrinature e problemi di salute all'interno della band ma alla fine eravamo orgogliosi di quello che avevamo ottenuto...e fu il nostro primo album n°1 in Inghilterra!». 


Ed eccoci al nuovo ”Ellipsis”

«Con Ellipsis volevamo sentirci come una band alle prese con il primo album, perciò facemmo un duro sforzo per dimenticare tutte le tecniche di registrazione che avevamo imparato in passato e alterammo perfino il nostro modo di suonare. Cercavamo un nuovo sound. La nostra comfort zone non si doveva vedere da nessuna parte, solo così ci si evolve. La più grande differenza nella realizzazione di "Ellipsis" è che non suonammo così tanto nella stessa stanza quando registravamo e perciò a volte non venivano fuori nemmeno canzoni per tre elementi. Rich Costey, il nostro produttore, ci ha aiutato davvero tanto ad apprendere a suonare molto di più con le tecnologie da studio e a usare le più moderne e strambe tecniche. I risultati parlano da soli». 

In “Ellipsis” avete fatto virare il vostro suono rock verso territori pop. I fans ne sono stati contenti? 

«Sembrerebbe così. Alcune delle canzoni nuove stanno avendo la miglior accoglienza ai concerti e questo è sempre un ottimo segnale. Ovviamente non puoi mai piacere a tutti, ma noi cerchiamo sempre di dare la certezza che stiamo amando la musica che facciamo e di suonare con tutto il nostro cuore. L'ultima cosa che vogliamo fare è di rimanere fermi come band». 

L’Italia è uno dei Paesi che vi ama di più.

 «C'è sembrato di amarci reciprocamente, fin dal primo concerto, anni fa. La passione che abbiamo regalato ci è sempre tornata indietro dal pubblico italiano. Forse gli scozzesi e gli italiani hanno in comune qualche caratteristica e l'amore per la musica e i concerti sono sicuramente alcune di quelle. Inoltre la moglie di Simon è italiana, perciò lui è sempre alla ricerca di qualsiasi strada per farsi amici gli italiani!». 

I tour mettono a dura prova la lucidità dei musicisti. Vi capita mai di svegliarvi al mattino e di non ricordare in che città siete? 

«Ci dimentichiamo troppo spesso non solo in che città siamo ma a volte anche il Paese! Volare tutto il tempo da un posto all'altro ti porta a fare confusione. Solo una volta abbiamo sbagliato, dal palco, a dire la città dove stavamo suonando ma non riveleremo mai dove eravamo!». 

Alcuni credono che il rock sia morto e sepolto. Convinceteli del contrario.     

«Il rock è tutto tranne che morto. Ci saranno sempre cicli in musica come nella moda o in altre arti ma il Rock non ci ha mai lasciato. Le radio potranno anche non suonare la musica rock ma le band sono ancora li, più di prima, solo che ora devi sforzarti di guardare più attentamente. Il piacere di vedere una chitarra solista non morirà mai!».

-Se foste nati in un altro periodo, con chi avreste voluto suonare? 

 «Sicuramente crescere al tempo dei Beatles sarebbe stato eccitante! Abbatterono molti muri, non solo quelli della musica, E' stato un periodo decisamente illuminato e sarebbe calzato a pennello per la nostra band. Poter condividere il palco con band come Beatles o gli Stones è qualcosa che abbiamo sempre sognato». 

Si dice che il rock sia una medicina per l’anima. Ci sono momenti in cui pensate: ok, siamo guariti, facciamo altro? 

«Assolutamente no, lo dimostrano queste risposte. Suonare musica nutre le nostre anime e ci tiene vivi e vitali. Se smettessimo, inizieremmo a sparire anche come persone». 


Biffy Clyro - Flammable (Official Video)

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