Bohemian Rhapsody: l'esperimento diventato una pietra miliare del rock
"Bohemian Rhapsody" dei Queen ha rotto ogni schema tra rock e opera classica. Visione, tecnica e audacia sonora lo consacrano una pietra miliare del rock
"Bohemian Rhapsody" è la visione audace di Freddie Mercury che sfida ogni schema: una mini-opera rock di sei minuti, costruita su sovrapposizioni vocali ardite, cambi di tonalità complessi e un mix di stili che attraversa rock, opera e teatro. Un capolavoro che consacra i Queen, riscrivendo la storia del rock e segnando la cultura musicale per sempre.
I Queen pubblicano "Bohemian Rhapsody" il 31 ottobre 1975. È un singolo tratto dall’album A NIGHT AT THE OPERA, quarto lavoro in studio della band, che segna un'evoluzione significativa nella loro carriera: nei primi tre album, i Queen gettano le basi e prendono le misure del proprio stile, definendo il loro carattere e suono. Così, forti di questa crescita, con A NIGHT AT THE OPERA iniziano a esplorare nuove possibilità sia musicali (una scrittura più aperta a contaminazioni stilistiche) sia di produzione, ampliando il proprio canovaccio di suoni e atmosfere. Inoltre, è bene ricordare che, al tempo, i Queen non avevano ancora ricevuto una consacrazione internazionale a livello di consensi e popolarità. Pur apprezzati nel Regno Unito, il successo commerciale ottenuto con SHEER HEART ATTACK (1974), grazie al singolo "Killer Queen", li aveva resi una band seguita in nicchie internazionali, soprattutto tra il pubblico del rock contemporaneo e della musica progressive. Ma con l'uscita di A NIGHT AT THE OPERA e, in particolare, di "Bohemian Rhapsody", i Queen fanno il grande passo: non solo raggiungono una popolarità globale, ma mettono un’ipoteca sul posto da protagonisti che, da lì in poi, si guadagneranno nella storia del rock.
Contesto culturale e musicale
Nel 1975, la rivoluzione punk è uno spauracchio ancora lontano, e il rock sboccia nelle sue manifestazioni più opulente e barocche. Sono gli anni d'oro della musica progressive e del glam, in cui il rock si contamina con quanti più stili possibili (musica classica, hard rock, blues, folk) e sembra non esserci limite alla sperimentazione. È l’epoca d'oro di band come i Pink Floyd, i Led Zeppelin e i Genesis, che dominano la scena. In questo contesto, "Bohemian Rhapsody" arriva come il pezzo perfetto per descrivere un momento musicale tanto sfarzoso quanto variegato: la massima espressione di un approccio eclettico che combina rock, opera e musica teatrale, superando i limiti di genere e attirando sia gli amanti del rock che quelli più inclini alla musica colta e sperimentale. "Bohemian Rhapsody" è una delle fotografie più efficaci di quel momento storico e culturale, nonché dell’attitudine incarnata dal rock e dalla musica progressive degli anni '70: unire l’approccio musicale più verace e potente del rock e del pop con la cultura “alta” della musica classica, dell’opera e del virtuosismo.
La visione di Freddie Mercury
Con "Bohemian Rhapsody", Freddie Mercury realizza una visione che inseguiva da anni: scrivere un pezzo rock che fosse una “mini-opera”, concepita con una struttura capace di accogliere le passioni e qualità che lo contraddistingueranno per tutta la carriera, come l’amore per il teatro e l’opera, e una forte estetica musicale, sopra le righe e teatrale. Il resto della band si lanciò con entusiasmo nella registrazione di quello che poteva sembrare un esercizio di stile, un semplice - ma audace - esperimento sonoro. Invece, già dalle fasi iniziali di produzione, "Bohemian Rhapsody" riusciva a far convivere rock, opera e ballata con una fluidità mai sentita. Dalla liricità iniziale alla potenza hard rock della sezione centrale, ogni parte del brano richiama un genere musicale diverso, senza mai risultare disorientante: ingredienti che accendono l’entusiasmo della band. L’aspetto tecnico più stupefacente della canzone che prendeva forma era l’uso intensivo degli overdub, sovrapposizioni in fase di incisione di decine di tracce vocali per creare un vero e proprio “coro”. Le voci di Mercury, Brian May e Roger Taylor sono orchestrate e sovrapposte decine di volte. L’effetto è sorprendente: il sound è quello di un coro lirico che si distacca completamente dalle tipiche armonie rock. Questa impresa costrinse la band a un lavoro estenuante, con settimane spese su ogni singolo dettaglio di un arrangiamento incredibilmente complesso, dimostrando una dedizione senza precedenti nella produzione di un singolo rock.
Un mix magistrale
La complessità di scrittura e arrangiamento di "Bohemian Rhapsody" non riguarda solo la straordinaria sezione operistica delle voci e la varietà di stili musicali che abbraccia (con la conseguente necessità di cambiare suoni, atmosfere e approcci tecnici per eseguirli). La canzone presenta anche progressioni armoniche intricate che attraversano diverse tonalità, come avviene nella musica jazz o fusion, rendendo impossibile suonarla “con il pilota automatico” come per tanti brani pop e rock di matrice blues, dove una tonalità di partenza è sufficiente per improvvisare. Un pezzo come "Bohemian Rhapsody" richiede attenzione e capacità sopra la media, e rivela i Queen come musicisti e compositori non solo di talento e ispirati, ma anche dotati di una padronanza musicale straordinaria. Questi complessi cambi di tonalità scorrono armoniosi e contribuiscono ai passaggi dinamici di intensità e atmosfera del brano. "Bohemian Rhapsody" è dunque un mix magistrale di innovazione e sperimentazione nelle tecniche di registrazione, nei cambi di tonalità arditi per il rock e nell'accostamento totalmente disinibito di stili musicali. Ad amplificare il fascino della canzone è l’alone di mistero che grava sul significato del testo, poiché Freddie Mercury, enigmatico, non ha mai voluto fornire una spiegazione definitiva. Un apparente dispetto che, in realtà, ha amplificato la magia del brano, che è diventato una sorta di “specchio” in cui ciascuno può riflettersi, interpretando il testo a modo proprio e cucendosi quella storia addosso.
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