Quando si parla della scena grunge i primi nomi che vengono citati sono Nirvana e Soundgarden, Pearl Jam magari ma tra i primi artisti ad avere impatto sulla scena, che pure accorpava band che avevano punti in comune pur differenziandosi ampiamente per il sound, ci sono stati gli Alice In Chains.
Con il debut album "Facelift", pubblicato il 21 agosto del 1990, la formazione guidata da Layne Staley riuscì a guadagnarsi il rispetto e il riconoscimento del 'mondo fuori' grazie alla potenza di un brano come 'Man In The Box' e di un disco solido, in grado di far cambiare traiettoria alla musica hard ed heavy che aveva spopolato negli anni '80.
Un disco, il primo degli Alice In Chains, che forse è da considerarsi come il vero spartiacque tra un modo di fare rock in America infarcito di machismo ed eccessi e quello profondo e intenso che avrebbe caratterizzato la scena alternative degli anni '90.
La rivoluzione di Facelift
La rivoluzione non poteva che avvenire con un album come "Facelift" che, più di ogni altro, aveva saputo prendere le sonorità più heavy e metal di quegli anni e rielaborarle.
E dire che la prima versione degli AIC, gli Sleze fondati da Layne Staley ai tempi del liceo, erano inevitabilmente influenzati da quell'hair metal tanto in voga grazie a band come i Motley Crue e dal quale avrebbe poi preso le distanze.
L'epicentro del terremoto messo in atto dagli Alice In Chains era Seattle e, più precisamente, The Music Bank, uno spazio polifunzionale e sala prove aperta h24 dove molti musicisti della città si erano stabiliti, inclusi Staley e Jerry Cantrell. Era lì che, dopo essere stati scoperti dal promoter Randy Hauser, gli AIC cominciarono a lavorare alle prime demo ma, un giorno prima delle registrazioni, un enorme raid della polizia contro gli stupefacenti bloccò i lavori.