La strage di Las Vegas
Musica disarmata contro i killers americani
Prima il rock al Bataclan per gli Eagles of Death Metal, poi il pop a Manchester con Ariana Grande. Ora il country a Las Vegas: un cecchino spara al concerto del cantautore Jason Aldean. I morti sono decine, i feriti centinaia La musica è tornata nel mirino, vittima casuale di un'altra storia di stragisti che volevano colpire nel mucchio, così come quando un tir accelera tra la folla: non importa chi, come e dove, l'importante è creare uno scenario di morte. Stavolta però la questione è diversa: non si tratta di terrorismo islamico, ma di un "mass shooting" tutto interno, il più sanguinoso della storia d'America. L'establishment musicale reagirà di nuovo, questo è certo. Arriveranno canzoni, commemorazioni, benefit, tweet di artisti in lacrime, hashtag #prayforvegas. Ma in questo caso occorrerebbero ancora più coraggio e determinazione, da parte dello star-system, di quando il nemico è l'Isis. Servirebbe una fermissima presa di posizione di tutte le personalità dello spettacolo per chiedere una volta per tutte una più severa regolamentazione dell'accesso armi negli Stati Uniti. E potete star certi che non accadrà: in pochi rischierebbero davvero la carriera mettendosi contro le potentissime associazioni nazionali che rivendicano la libertà del comune cittadino di comprare una pistola al supermarket. No, non arriveranno mai a una soluzione, perché l'America resta da duecento anni terra di frontiera: sono tutti cowboy, hanno bisogno di sentirsi protetti da un revolver nel cassetto o un fucile sopra al camino. La musica reagirà con un cordoglio di facciata, magari un Vegas Aid, ma senza esiti sostanziali, perché disarmare l'America che flirta con il delitto è pura utopia.